In noi manca ancora una
cultura dei trapianti. La necessità di trapiantare organi, nel
rispetto rigoroso delle leggi e con l’applicazione del principio
assoluto della gratuità, è in aumento. E l’esigenza è fronteggiata dai
reparti di rianimazione e dai centri che, un po’ a pelle di leopardo,
sono stati creati nel nostro Paese, sotto la pressione soprattutto di
medici sensibili e appassionati a questa branca fondamentale della
terapia. Ma in Italia, gli iscritti al registro nazionale dei donatori
di organi sono, in realtà, soltanto 21.000 con un numero di iscritti
all’Aido (Associazione italiana donatori di organi) relativamente
basso in rapporto alla popolazione del nostro Paese e a quanto occorre
che – come è noto – deve essere risolto in poche ore, rispettando
procedure giuridiche assai severe.
Questo è, in poche
battute, il succo del convegno "La donazione ed il trapianto
d’organi", svoltosi sabato 26 ottobre a Vercelli, nell’aula delle
manifestazioni San Carlo del Seminario settecentesco dello Juvarra
completamente restaurato, giustamente paragonato dall’arcivescovo
emerito Tarcisio Bertone - uno dei relatori - a un auditorium a
disposizione dell’intera città e della provincia. Un altro convegno si
svolgerà nelle prossime settimane a Messina. E, da un punto di vista
tecnico e statistico, sarà interessante analizzare le differenze di
comportamento dell’opinione pubblica, l’organizzazione in funzione dei
trapianti, l’esito positivo delle terapie attuate attraverso, appunto,
la donazione d’organi.
Il convegno di Vercelli,
con relatori di altissimo livello medico, è stato promosso ed
organizzato dal Kiwanis International con un impegno particolare del
governatore Ezio Barasolo, assieme all’Associazione medici cattolici
(alla complessa organizzazione si è dedicato il medico Marzio Grigolon)
e con l’appoggio dell’ASL 11 di Vercelli.
I lavori, con un
auditorium gremito e intensissimi, sono stati avviati dal dr. Barasolo,
come è noto primario urologo dell’Ospedale di Borgosesia, il quale ha
spiegato caratteristiche e scopo del Kiwanis International,
sottolineando il forte, moltiplicato interesse per tutti quei
services che valgono a lenire o attenuare le sofferenze delle
persone e raccordandosi, poi, ai contenuti tecnici nonché filosofici
del Convegno e (questa è sicuramente una novità) alle testimonianze di
un "trapiantato" e della mamma di un ragazzo che, con l’espianto di
organi, ha dato la vita ad altri.
Ma, cercando di riassumere
le diverse fasi del convegno, riprendiamo quanto è stato accennato in
principio: l’atteggiamento delle persone che nel 39% dei casi tendono
a non dare ancora l’autorizzazione all’espianto di organi di un
parente cerebralmente deceduto o, peggio, non vanno all’ASL di
competenza, per accordare l’autorizzazione in vita, sottoscrivendo un
"testamento" di solidarietà di grande valore etico. Il timore,
assolutamente immotivato date le leggi e la vigilanza ferrea (in caso
di espianto e trapianto occorre una equipe di 40 persone)che avvenga
commercio di organi.
Un altro aspetto (ne
tratterà ampiamente con uno speciale il secondo numero della rivista
nazionale Kiwanis) è quello dell’aumento dell’età delle
persone, decedute cerebralmente, cui espiantare un organo. Tranne per
il trapianto di cuore per cui necessitano soggetti fra i 30 e i 40
anni, per gli altri trapianti l’età sta tendendo a 50/60 anni. E la
letteratura parla di espianti praticati su persone di 84 anni.
Un terzo risvolto concerne
le cause di decesso e le procedure di espianto che riguardano sempre
più deceduti per emorragia cerebrale o, come nel caso di trapianti di
fegato, il numero crescente di cirrosi epatiche, anche dovute ad abuso
di alcool, ma soprattutto ad altre cause (epatiti virali ecc.)
Un quarto risvolto,
evidenziato abbastanza energicamente, riguarda il trapianto (qualche
volta accade) tra vivo e vivo. Per quanto possibile, secondo taluni
esperti che hanno partecipato al Convegno di Vercelli) è
sconsigliabile per le conseguenze di carattere psicologico e
interpersonale, talvolta assai pesanti e suscettibili di strascichi
nel tempo, francamente da evitare.
Ultimo aspetto, che in
realtà ci introduce alla tematica etica e morale della donazione e del
trapianto d’organo, è quello dello xenotrapianto; ossia del
trapianto da animale (in particolare il maiale) all’uomo. Gli
specialisti sono quasi tutti nettamente contrari o assai perplessi.
L’arcivescovo Tarcisio Bertone, attualmente di fatto "vice" del
cardinale Ratzinger, non solo ha illustrato approfonditamente la sua
avversione filosofica, teologica, etica e morale a qualsiasi
xenotrapianto. Ma per dare più forza al suo intervento, lo ha
intitolato "Salvami dai maiali transgenici". Egli, approfondendo la
tematica della donazione d’organo, ha detto che è una sfida etica
purchè (ha ripetutamente richiamato Giovanni Paolo II) si considerino
tre punti fermi:
1)il rispetto della
natura umana nella sua integrità;
2) la gratuità del gesto
che è un atto d’amore;
3) ogni azione per
impedire la "mostruosità" della commercializzazione di organi,
specialmente ai danni dei bambini e, purtroppo, nel mondo questo sta
avvenendo.
Insistendo sul criterio di
eticità, l’arcivescovo Tarcisio Bertone ha ricordato che, sia nel caso
del donatore che nel caso del ricevente, siamo sempre in presenza di
una persona. Ed ha concluso con questa massima di Emmanuele Kant:"Tratta
sempre te stesso e gli altri come fine e non come mezzo".
Il convegno nella Sala San
Carlo del Seminario di Vercelli si è conclusa con due testimonianze:
quella del medico dr. Claudio Gianolio, che ha subito un trapianto
ritrovando la vita piena; e quella di Anna Gentile di Trino che,
vincendo lacerazioni psicologiche profonde, autorizzò l’espianto di
organi dal figlio Francesco Rolando. Il governatore del Kiwanis
International, Ezio Barasolo, nelle conclusioni, ha detto: "Queste due
testimonianze valgono più di qualsiasi parola io dovessi aggiungere".
Enrico Villa.