Intervento di Alfredo Lisi
Autorità civili, militari e
religiose, Signore e Signori, carissimi
Soci, sono tornato molto volentieri a
Follonica in occasione di questo incontro
“L’infanzia e l’uomo. Dalla violenza alla
pena di morte” per assolvere all’impegno
affidatomi di celebrare in questa sede il
ventennale della Carta dei Diritti del
Fanciullo, e testimoniare le tante
iniziative condivise con il nostro ospite,
dott. Aldo Forbice con la collaborazione del
Comitato nazionale italiano dell’INICEF, non
solo nella serie di trasmissioni
radiofoniche Zapping ma soprattutto in altri
incontri come quello di oggi, in varie Città
d’Italia.
La Convenzione internazionale
sui diritti dell’infanzia è senza dubbio la
più universale delle leggi, per i bambini di
tutto il mondo. Non una semplice
dichiarazione di intenti, ma una vera e
propria legge mondiale, che impone di
soddisfare i bisogni essenziali dei bambini
e, più in generale, di rispettarne tutti i
diritti: diritti civili, politici, sociali,
culturali ed economici, esattamente come per
gli adulti. E’ questo lo straordinario
significato della Convenzione internazionale
sui diritti dell’infanzia, approvata
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
il 20 novembre 1989.
Da allora sono passati
esattamente venti anni.
Un tempo piuttosto breve
nella lunga - e spesso faticosa - marcia per
i diritti umani, ma che è stato sufficiente
per fare della Convenzione il trattato più
universale nella storia della comunità
internazionale. Ben 191 paesi - un numero
maggiore degli stessi membri delle Nazioni
Unite - l’hanno fatta propria e molti di
questi hanno approvato nuove leggi, o
emendato quelle esistenti, per conformarsi
ad essa. All’appello, ripeto, mancano solo
gli Stati Uniti - che l’hanno firmata ma
devono ancora ratificarla - e la Somalia.
Anche se non tutti i governi
dispongono delle risorse sufficienti per
garantire mediatamente i diritti della
Convenzione, essi sono comunque obbligati a
renderli prioritari e ad assicurarli quanto
più possibile, apportando tutti i
cambiamenti necessari nella legislazione,
nelle istituzioni, nelle politiche e nei
programmi.
Ratificata dal parlamento italiano con la
legge 176 del 27 maggio 1991, la Convenzione
fa parte dell’ordinamento giuridico
italiano. Conoscerla, nei suoi 54 articoli,
è essenziale per tutti: per gli adulti, per
cui rappresenta una vera e propria "carta
dei doveri"; ma anche per tutti i giovani,
chiamati ad essere consapevoli dei propri
diritti, come dei diritti dei coetanei -
spesso più sfortunati - di ogni parte del
mondo.
Come e più degli adulti. La Convenzione
inizia con un lungo preambolo che richiama i
principi proclamati nella Carta delle
Nazioni Unite, nella Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo. Diritti di
cui i bambini devono godere proprio come gli
adulti: se una differenza
esiste questa è a tutto
vantaggio dell’infanzia che - come ha
sancito la stessa Dichiarazione universale -
"ha diritto a un aiuto e a un‘assistenza
particolari". Così come la famiglia, "unità
fondamentale della società e ambiente
naturale per la crescita di tutti i suoi
membri e in particolare dei fanciulli".
Tutto questo, tenendo conto "dell’importanza
delle tradizioni e dei valori culturali di
ciascun popolo per la protezione e lo
sviluppo armonioso del fanciullo" e
riservando un riconoscimento particolare al
ruolo della cooperazione internazionale.
Per tutti i bambini. La Convenzione tutela
le persone con meno di 18 anni, o comunque
non ancora maggiorenni (art. 1): tutte con
gli stessi diritti, "senza distinzione di
sorta e a prescindere da ogni considerazione
di razza, di colore, di sesso, di lingua, di
religione, di opinione politica" (art. 2).
Anzi, gli Stati che hanno ratificato la
Convenzione dovranno attivarsi adeguatamente
per tutelare i minori contro ogni
discriminazione.
L’interesse preminente. E’ uno dei principi
guida della Convenzione. In tutte le
decisioni relative ai bambini, siano esse di
un organo legislativo, di un tribunale o di
un ente assistenziale, "l’interesse
superiore del fanciullo deve essere una
considerazione preminente". Lo Stato è
tenuto a curarsi adeguatamente dei minori i
cui genitori o tutori non siano in grado di
farlo (art. 3), così come dei minori senza
famiglia (art. 20). Tutto questo rispettando
comunque "la responsabilità, il diritto e il
dovere dei genitori" di guidare il bambino
(art. 5), allevandolo e provvedendo al suo
sviluppo. Compiti che gli Stati dovranno
sostenere con "aiuti appropriati" ai
genitori e provvedendo anche alla "creazione
di istituzioni, istituti e servizi
incaricati di vigilare sul benessere del
fanciullo" (art. 18).
Diritto alla vita, al nome, all’identità.
Sono i primissimi, essenziali diritti, senza
i quali anche gli altri sono impensabili.
Ogni fanciullo "ha un diritto inerente alla
vita" e gli Stati devono assicurarne "in
tutta la misura del possibile la
sopravvivenza e lo sviluppo" (art. 6). Ma ha
anche "diritto a un nome, ad acquisire una
cittadinanza e, nella misura del possibile,
a conoscere i suoi genitori e a essere
allevato da essi" (art. 7). E poi, "a
preservare la propria identità, ivi compresa
la sua nazionalità" (art. 8).
Con i genitori. Gli Stati devono
vigilare perché "il fanciullo non sia
separato dai suoi genitori contro la loro
volontà" a meno che questa separazione non
si renda necessaria proprio "nell’interesse
preminente del bambino", per esempio in caso
di maltrattamento o di incuria (art. 9). E’
sancito anche il diritto di entrare in ogni
paese, o di lasciarlo, per ragioni di
ricongiungimento familiare (art. 10), così
come l’obbligo di intervento nei casi in cui
il bambino è rapito o trattenuto
illecitamente all’estero da
un genitore o da un’altra persona (art. 11).
L’adozione potrà avvenire solo
nell’interesse del bambino, dopo un’attenta
verifica delle autorità competenti, con
particolari cautele per l’adozione
all’estero (art. 21).
Libera coscienza, libera
espressione. Sono diritti che siamo soliti
riferire agli adulti, e che invece la
Convenzione attribuisce pienamente anche ai
minori. Al bambino è riconosciuto il diritto
ad "esprimere liberamente la sua opinione su
ogni questione che lo interessa" e ad essere
preso debitamente in considerazione,
"tenendo conto della sua età e del suo grado
di maturità" (art. 12). Va tutelata la
libertà di espressione, che comprende "la
libertà di ricercare, di ricevere e di
divulgare informazioni e idee di ogni
specie" (art. 13), e ancora, la libertà di
pensiero, di coscienza e di religione (art.
14) e la libertà di associazione (art. 15).
Privacy e mass-media.
L’attualità della Convenzione si esprime
nella sua capacità di affrontare dal punto
di vista dei minori anche questioni che solo
recentemente si sono imposte per gli adulti.
E’ il caso del diritto alla privacy, per cui
nessun bambino deve essere "oggetto di
interferenze arbitrarie o illegali nella sua
vita privata, nella sua famiglia, nel suo
domicilio o nella sua corrispondenza" (art.
16); o delle problematiche connesse ai
mass-media, con il riconoscimento del
diritto del minore all’informazione, specie
se finalizzata "a promuovere il suo
benessere sociale,
spirituale e mentale" (art.
17).
Contro ogni abuso. Gli Stati
sono obbligati ad adottare ogni misura
legislativa, amministrativa, sociale ed
educativa per tutelare il fanciullo "contro
ogni forma di violenza, di oltraggio o di
brutalità fisiche o mentali, di abbandono o
di negligenza, di maltrattamenti o di
sfruttamento, compresa la violenza sessuale"
(art. 19). In particolare si dovrà
"proteggere i bambini contro l’uso illecito
di stupefacenti" (art. 33); impedire che
siano "incitati o costretti a dedicarsi a
una attività sessuale
illegale" o sfruttati a fini di
prostituzione o di produzione di spettacoli
e di materiale pornografico (art. 34);
combattere "il rapimento, la vendita o la
tratta di fanciulli" (art. 35).
Bambini rifugiati. La Convenzione assicura
una speciale protezione al bambino che, solo
o con i genitori, cerca di ottenere lo
status di rifugiato, o è già considerato
tale dal diritto internazionale. Gli Stati,
assieme alle Nazioni Unite, dovranno
aiutarli, ricercando i loro genitori o altri
familiari, consentendone il
ricongiungimento, oppure, nel caso che i
parenti siano irreperibili, accordando la
stessa protezione prevista per i minori
senza famiglia (art. 22).
Bambini disabili. "I fanciulli mentalmente o
fisicamente handicappati devono condurre una
vita piena e decente, in condizioni che
garantiscano la loro dignità, favoriscano la
loro autonomia e agevolino una loro attiva
partecipazione alla vita della comunità". La
Convenzione sancisce così il diritto dei
bambini disabili a beneficiare di un aiuto
specifico, in modo che "abbiano
effettivamente accesso all’educazione, alla
formazione, alle cure sanitarie, alla
riabilitazione, alla preparazione al lavoro
e alle attività ricreative". L’obiettivo è
di garantire l’integrazione sociale e il più
completo sviluppo personale (art. 23).
Il diritto alla salute. Anche in questo caso
non si tratta solo di una dichiarazione di
principi, ma di un obbligo imposto agli
Stati, che devono "riconoscere il diritto
del minore di godere del miglior stato di
salute possibile e di beneficiare di servizi
medici e di riabilitazione". Nessun minore
dovrà essere privato del diritto ad accedere
a questi servizi. Gli Stati dovranno
diminuire la mortalità infantile, sviluppare
le cure sanitarie primarie e la prevenzione,
combattere la malnutrizione, garantire alle
madri cure prenatali e postnatali,
diffondere una corretta informazione
sanitaria, abolire pratiche tradizionali
nocive per la salute (art. 24).
Un dignitoso
standard di vita. Anche dal punto di vista
dei bisogni materiali la Convenzione va ben
oltre il semplice diritto alla
sopravvivenza. Per il bambino, infatti, si
esige "un livello di vita sufficiente per
consentire il suo sviluppo fisico, mentale,
spirituale, morale e sociale". Il minore
dovrà beneficiare della sicurezza sociale,
compresa la previdenza (art. 26). E nel
caso, lo Stato dovrà fornire "assistenza
materiale e programmi di sostegno, in
particolare per quanto riguarda
l’alimentazione, il vestiario, l’alloggio"
(art. 27).
Diritto all’educazione e alla propria
cultura. L’educazione dovrà essere garantita
"in misura sempre maggiore e in base
all’uguaglianza delle possibilità". Tutti
gli Stati dovranno rendere obbligatorio per
tutti e gratuito l’insegnamento primario,
incoraggiare forme di istruzione secondaria
aperte e accessibili anche ai più indigenti,
promuovere la regolarità della frequenza
scolastica e la diminuzione del tasso di
abbandono. La cooperazione internazionale è
incoraggiata per combattere l’analfabetismo
(art. 28). L’educazione dovrà "favorire lo
sviluppo della personalità del bambino
nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle
sue attitudini mentali e fisiche", ma anche
"sviluppare nel bambino il rispetto dei suoi
genitori, della sua identità, della sua
lingua e dei suoi valori culturali" (art.
29). E’ un diritto di particolare rilievo
per chi appartiene a minoranze etniche,
religiose o linguistiche e che "non può
essere privato del diritto di avere una
propria vita culturale, di professare e di
praticare la propria religione o di far uso
della propria lingua" (art. 30).
Dal lavoro al gioco. La Convenzione
interviene anche sulla realtà del lavoro
minorile, tutelando il bambino contro lo
sfruttamento economico. Il minore non può
essere costretto "ad alcun lavoro che
comporti rischi o sia suscettibile di porre
a repentaglio la sua educazione o di nuocere
alla sua salute o al suo sviluppo". Gli
Stati sono tenuti a stabilire un’età minima
per l’ammissione all’impiego e a
regolamentare orari e condizioni di lavoro
(art. 32). La Convenzione, tra l’altro,
individua diritti del bambino che forse non
siamo abituati a considerare come tali: il
diritto ad una vita culturale, ma anche il
diritto al riposo, al tempo libero, e
perfino al gioco (art. 31).
Nessuna pena disumana. Sono diritti che
dovrebbero valere per tutti, ma che per i
minori esigono un rispetto ancora più
rigoroso. Nessun bambino può essere
"sottoposto a tortura o a pene o trattamenti
crudeli, inumani o degradanti". In nessun
caso potrà essere condannato alla pena
capitale o all’ergastolo. La detenzione deve
"costituire un provvedimento di ultima
risorsa e avere la durata più breve
possibile" (art. 37). In ogni caso la
giustizia deve assicurare al minore un
trattamento che "tenga conto della sua età
nonché della necessità di facilitare il suo
reinserimento". E’ necessario stabilire
un’età minima sotto la quale i minori non
sono perseguibili ed evitare misure
giudiziarie quando possibile
(art. 40).
Bambini in guerra. Ogni Stato è obbligato a
rispettare e a far rispettare le regole -
ancora più vincolanti per i bambini - del
diritto umanitario internazionale in caso di
conflitto. Bisognerà vigilare perché nessun
minore di 15 anni partecipi direttamente
alle ostilità o sia arruolato nelle forze
armate. E’ necessario adottare ogni misura
possibile perché i bambini coinvolti in
guerra possano beneficiare di cure e di
protezione (art. 38) e perché essi - come
tutti i bambini vittime di violenze - siano
destinatari di adeguati provvedimenti "per
agevolare il recupero fisico e psicologico e
il reinserimento sociale" (art. 39).
Fatti concreti. E’ bene ripeterlo
ancora, questi non sono solo principi
destinati ad essere condivisi da tutti a
parole, ma di fatto inattuati e inattuabili.
L’ultima parte di questa legge universale
prevede una serie di procedure e di
responsabilità, attraverso le quali dare
concretezza ai diritti sanciti dalla
Convenzione, prima di tutto diffondendone la
conoscenza il più largamente possibile, sia
tra gli adulti che tra i minori (art. 42).
E’ istituito un Comitato dei diritti del
fanciullo, che dovrà valutare i progressi
compiuti in ogni paese (art. 43), il quale,
tra l’altro, ogni cinque anni è tenuto a
presentare un rapporto sui provvedimenti
adottati per tradurre in realtà la
Convezione (art. 44).
A conclusione di questa
affollata manifestazione, non credo si possa
aggiungere niente all’intervento che i
nostro illustre ospite ci ha voluto dedicare
con la presentazione oggi in un Club Kiwanis
del suo lavoro. Lo ringrazio con stima per
la testimonianza che ci ha voluto dedicare,
malgrado i suoi noti impegni giornalistici.
Voglio concludere ricordando
a tutti noi una poesia di Ronald Russel, che
s'intitola "Oggi e Ieri", e che fa
riflettere su come le condizioni della
crescita del bambino influiscono poi sulle
qualità dell'adulto:
"Il vigliacco di oggi è il
bimbo che schernivamo ieri.
L'aguzzino di oggi è il bimbo che frustavamo
ieri.
L'impostore di oggi è il bimbo che non
credevamo ieri.
Il contestatore di oggi è il bimbo che
opprimevamo ieri.
L'innamorato di oggi è il bimbo che
carezzavamo ieri.
Il non complessato di oggi è il bimbo che
incoraggiavamo ieri.
L'espansivo di oggi è il bimbo che non
trascuravamo ieri.
Il giusto di oggi è il bimbo che non
calunniavamo ieri.
L'indulgente di oggi è il bimbo che
perdonavamo ieri.
Il saggio di oggi è il bimbo che
ammaestravamo ieri.
L'uomo che respira amore è il bimbo che
viveva nella gioia anche ieri."