Nella serata
del 13 febbraio scorso è stato ospite del Kiwanis Club Novara
MONTEROSA il Prof. Avv. Claudio Sacchetto, docente di Sistemi
fiscali comparati presso l’Università di Torino, che ha
tenuto una conferenza su “Etica e Fisco”, un tema, ha
esordito, atipico per chi si occupa di fiscalità.
Prendendo spunto da
principi kiwaniani, ha sottolineato la sua contestualità con
l’etica, cui debbono dimostrare rispetto anche le leggi
fiscali.
Il fondamento dei
valori, che dovrebbero informare l’attività fiscale, è
scritto nell’art. 53 della Costituzione, in forza del quale
tutti hanno il dovere di concorrere alle spese pubbliche col
pagamento dei tributi, in ragione della propria capacità
contributiva.
Su questi principi si
sono innestate opposte teorie: quella della progressività e
quella della proporzionalità del sistema tributario, che vede
privilegiata la prima.
Ciò vuol dire che in
applicazione dei principi di uguaglianza sostanziale e di
solidarietà sociale, le tasse, nelle considerazioni generali
del sistema tributario, debbono essere più alte quanto più
alto è il reddito, fermo restando che il criterio prescelto
della progressività va riferito al sistema tributario nel suo
complesso, non al singolo tributo.
Il criterio stabilito
dall’art. 53 della Costituzione ha un valore giuridico; se ad
esso si vuole attribuire un valore sovrannaturale, si opera
una forzatura.
Dal punto di vista
scientifico le norme positive da sole non assicurano gli
adempimenti fiscali, altrimenti non si verificherebbe
l’evasione o sarebbe di portata inferiore; in buona sostanza,
occorre una condivisione di principi e di metodi.
Una norma, ha
proseguito il Prof. Sacchetto, in disaccordo con altri
studiosi che si occupano delle medesime problematiche, non
potrebbe stare in piedi, ove si basasse soltanto sulla
positività delle leggi, per cui è necessario rifarsi alla
ratio della norma, al suo fondamento, alle motivazioni, in
una parola alla razionalità, attraverso la valutazione delle
regole, certamente giuridiche, ma, con altrettanta certezza,
morali.
Al riguardo, nel solco
delle sue radici cristiane, il relatore, che ha ricordato di
aver studiato in un istituto dei Gesuiti, ha richiamato il
versetto evangelico: Date a Cesare quel che è di Cesare, a
Dio quel che è di Dio, ma ha avvertito che al di sopra di
Cesare c’è una legge sovrannaturale.
Quando ci si interroga
su etica e fisco, va esplorata l’etica della fiscalità
quotidiana, una giungla, nella quale è arduo districarsi per
gli oltre cinque milioni di articoli di leggi fiscali, per le
numerose imposte dirette e indirette, per le accise, per le
ricevute e i riscontrini fiscali, ecc. con una pervasività
che rasenta la crudeltà e con un linguaggio alfanumerico e
contraddistinto da sigle.
Parafrasando un
brocardo latino, si può affermare: ubi societas ibi fiscus,
secondo cui l’imposizione tributaria è un fatto di giustizia,
ma che coinvolge l’etica.
Questa attività ha una
sua logica proiettata alla ricerca di un sistema fiscale
giusto ed equo.
Sin dall’antichità
molti filosofi, tra i quali Platone e Aristotele, si posero
il problema dell’etica come bene comune, anche se l’eticità
dei mezzi non necessariamente si trasmette.
Sin dall’origine anche
la Chiesa, e non poteva essere diversamente, in ambito
fiscale, pose il problema dell’etica, convenendo di poterla
assecondare con lo strumento della tassazione. In questo
contesto, forse, può essere interpretato il settimo
comandamento che, proibendo il furto, condanna l’evasione
come furto allo Stato.
Una società non può
esistere senza la fiscalità. La stessa libertà dipende dalle
tasse, le quali, non è un paradosso, consentono l’esistenza
della proprietà. E’ l’individuo, che, non vivendo da solo,
deve contribuire con le tasse all’esistenza e allo viluppo
della società, nella quale sono intervenuti i giuristi per
disciplinarla e regolamentarla.
Tuttavia, è diffusa la
pratica di operare contro il sistema attraverso l’evasione,
tanto che rappresenta un problema di dimensioni mondiali,
dovuta a fattori diversi: emulazione, insofferenza,
corruzione, fatti psicologici legati al calcolo delle
probabilità di poterla far franca, comportamenti personali,
condoni, ecc.
I maggiori evasori
fiscali sono la mafia e le altre associazioni malavitose, che
rappresentano, con una espressione realistica, l’industria
dalle enormi capacità economiche.
Nel tempo, la fiscalità
ha assunto la funzione di corrispettivo dei servizi pubblici
prestati dallo Stato e dagli altri enti; più recentemente,
questa funzione è stata associata ad obiettivi di solidarietà
e di eguaglianza, che per natura sono fondati sulla
legittimità etica, che non ha colori, non è di destra, né di
sinistra, nemmeno occupa posizioni marcate a favore o meno
dello Stato; rappresenta una questione di tutti, che
consapevolmente e concretamente debbono ritenersi
appartenenti alla comunità.
Il fisco è buono, se
persegue la giustizia e lo sviluppo, senza essere
interferente o distorcente; un fisco moralmente neutro non
esiste. Deve essere competitivo, trasparente, efficiente, in
breve, deve poggiare i suoi principi sull’etica. Un fisco
buono è possibile e si alimenta solo se esiste una salda e
condivisa moralità pubblica.
Questo dipende dalla
buona politica, l’arte cioè di governare nel senso
etimologico della parola, sulla quale vanno esercitati i
controlli, in particolare in ambito fiscale, con saggezza,
intelligenza e prudenza, che i Greci compendiavano nella
parola fronesis.
L’etica è promessa di
condivisione, è coraggio, è responsabilità personale.
Al termine il Prof.
Sacchetto ha lasciato ai presenti un settenario di Gandhi,
nel quale l’apostolo della non violenza delinea la
distruzione dell’uomo, se opera le sue scelte senza il
fondamento dei principi etici.