Anno Sociale 2007/08
Governatore
Dott. Sandro Cùzari
"con gioia a servizio
dei bambini" |
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OSSERVATORIO KIWANIS
Petizione contro
gli abusi di psicofarmaci ai bambini
Il
Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani sarà
presente sabato 27 settembre dalle 9.00 alle ore
19.00 a Bolzano presso il Museo Özi per organizzare
una grande raccolta di firme.
In
Alto Adige la psichiatria sta promuovendo una nuova
“malattia dei
bambini”: ADHD mancanza di attenzione e
iperattivitá. Da loro definita “malattia”, anche
se non riescono a dimostrare nessuna alterazione
organica. Questa
“presunta”
malattia viene diagnosticata
solo con qualche sciocca
domanda. Come per esempio: il bambino muove spesso
le mani o chiacchiera troppo. Non esiste nessun
altro mezzo con il quale si possa fare diagnosi.
E ora
abbiamo scoperto le sconvolgenti intenzioni della
psichiatria e della sanità altoatesina. C’è una
lettera ufficiale dell’assessorato alla sanità che
parla di un progetto di screening per tutti i
bambini a partire da età tenerissime al fine di
“diagnosticarli” ed etichettarli come malati
mentali, o peggio imbottirli di pericolosi
psicofarmaci che possono indurre pensieri suicidi o
creare gravi problemi cardiaci.
La
gente dell’Alto Adige vuole proteggere i bambini
dalle lobby psichiatriche e dalle case
farmaceutiche, ma la classe politica non si è ancora
fatta sentire.
Se
avete a cuore i nostri bambini, affinché non vengano
etichettati come malati mentali e imbottiti con
pericolosi psicofarmaci, allora venite al Museo
Özi
a Bolzano sabato 27
settembre dalle 8.00 alle 19.00 per firmare la
nostra petizione. Voi potete aiutare.
www.ccdubozen.org
Unterschriftensammlung gegen Psychopharmaka an
Kinder
Das
Bürgerkomitee für Menschenrechte wird am Samstag den
27.September von 9.00 bis 19.00 in Bozen neben dem
Özi Museum anwesend sein, um eine große
Unterschriftensammlungsaktion zu machen.
In Südtirol
will die Psychiatrie eine neue „Kinderkrankheit“
werben. ADHS Aufmerksamkeitsdefizit –
Hyperaktivitätsstörung, was sie als „Krankheit“
definieren, obwohl sie
keine organischen Abänderungen feststellen können.
Diese
„angebliche“ Krankheit
wird
nur mittels einiger dummen
Fragen diagnostiziert. Wie zum Beispiel: Bewegt das
Kind oft die Hände, oder plappert es zu viel. Es
gibt keine anderen Mittel, wo die Psychiatrie diese
diagnostizieren kann.
Jetzt haben
wir die erschütternden Absichten der Psychiatrie im
Gesundheitswesen von Südtirol erfahren. Es ist ein
offizieller Brief des Gesundheitsassessors, welcher
über ein Projekt über Massendiagnosen aller Kinder
spricht, beginnend schon mit dem Kleinkindalter an,
mit dem Ziel, sie als geisteskrank zu
diagnostifizieren und zu etikettieren, aber
schlimmer noch sie mit gefährlichen Psychopharmaka
vollzustopfen, welche Selbstmordgedanken und schwere
Herzprobleme hervorrufen können.
Die
Bevölkerung von Südtirol möchte die Kinder gegen die
psychiatrischen Lobby und der Pharmaindustrie
schützen, aber die politische Schicht hat bis jetzt
leider noch nichts gemacht.
Wenn Sie
ein Herz für unsere Kinder haben, solange sie noch
nicht als geisteskrank abgestempelt, und mit
gefährlichen Psychopharmaka vollgestopft worden
sind, dann kommen Sie am Samstag den 27.September
von 9.00 bis 19.00 vorbei, um in Bozen neben dem Özi
Museum Ihre Unterschrift abzugeben. Ihr könnt
helfen.
www.ccdubozen.org
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Il
numero verde dell’Osservatorio dei Diritti dell’Infanzia,
deliberato dal CdA lo scorso 15 settembre a Messina, è
regolarmente funzionante:
800 092 999
L'Osservatorio raccoglie denunce, segnalazioni, comunicazioni
relative a violenze e maltrattamenti del bambino
denunciandone i fatti alle competenti autorità
amministrativa e giudiziaria.
Si adopera perché siano concretamente rispettati i
diritti del bambino; monitora esperienze significative
per fornire risposte adeguate ai bisogni reali;
appronta iniziative, studi,
proposte, strumenti atti a contrastare ogni forma di
violenza o di maltrattamento, di discriminazione e di
lavoro minorile,
ed
ogni altra forma di condizionamento.
Collabora con autorità e
organizzazioni, nazionali ed internazionali, per la
tutela del bambino.
Ringrazio
pubblicamente il Chairman Andrea Di Francia per l’impegno
che ne scaturirà ed il Direttore della sede di Roma Luigi
Russo che ha portato a buon fine questa qualificante e
significativa iniziativa deliberata dal Distretto
nell’interesse del Kiwanis e della comunità.
Sandro Cuzari
Governatore
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Diritti Umani |
PRESENTATO IL NUOVO RAPPORTO UNICEF SUI DISTURBI
NEI BAMBINI DOVUTI ALLA CARENZA DI IODIO
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Copertina del rapporto - ©UNICEF
http://www.unicef.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4649 |
NEW YORK
- I disturbi dovuti alla carenze di iodio, la
principale causa singola di ritardo mentale, sono
oggetto dell’ultimo rapporto dell’Unicef presentato
oggi, che esamina i progressi compiuti negli ultimi
due decenni per la prevenzione del problema, le
conoscenze acquisite e i principi guida per
conseguire progressi futuri.
I disturbi dovuti a una dieta carente di iodio sono
particolarmente dannosi durante la fase iniziale
della gravidanza, in quanto ritardano lo sviluppo
del feto, specialmente lo sviluppo cerebrale,
provocando vari deficit intellettuali, motori e di
udito. Come evidenzia il nuovo rapporto dell’UNICEF
‘Eliminazione sostenibile delle carenze di iodio’,
tali problemi sono prevenibili facilmente e a basso
costo, tramite la iodurazione di tutto il sale
destinato al consumo umano ed animale.
"Il rapporto mostra come negli ultimi 20 anni i
governi, l’industria del sale e le comunità hanno
conseguito, con il sostegno dell’UNICEF, grandi
progressi nell’eliminazione delle carenze di iodio
attraverso la iodurazione universale del sale", ha
dichiarato il Direttore associato per la nutrizione
dell’UNICEF, Werner Schultink.
Le partnership sono state cruciali per il
raggiungimento di tali risultati. Organizzazioni
quali "The International Council for the Control of
Iodine Deficiency Disorders",
"Kiwanis",
"The Micronutrient Initiative", "Global Alliance for
Improved Nutrition", "Centers for Disease Control"
hanno collaborato insieme con i governi e
l’industria del sale, sostenute dalle organizzazioni
e i governi donatori.
"34 Paesi hanno raggiunto la iodurazione universale
del sale", ha aggiunto Werner Schultink, "ma ogni
anno ancora 38 milioni di bambini nascono con il
rischio di subire danni cerebrali a causa della
carenza di iodio: non è dunque il caso di
compiacersi degli sforzi finora compiuti per
combattere il problema".
Insieme ai Paesi che hanno raggiunto la iodurazione
universale del sale, vi sono due aree regionali che
sono vicine a questo traguardo, cioè l’area
dell’America latina e dei Caraibi, dove l’85% delle
famiglie consuma sale iodato, e quella dell’Asia
orientale e del Pacifico, dove tale percentuale è
dell’84%. Altre regioni incontrano però seri
problemi.
Il rapporto sottolinea 5 principi guida, ricavati
dalle conoscenze acquisite negli ultimi 20 anni, per
completare con successo la lotta globale per
l’eliminazione dei disturbi da carenza di iodio. Tra
questi, assicurare l’impegno politico: un forte e
continuo impegno e motivazione sia dei governi che
dei produttori sono essenziali; costituire
partnership e coalizioni: le partnership tra governi
e donatori, tra governi e produttori di sale e tra
tutti coloro che sostengono gli sforzi per
l’eliminazione di tali disturbi devono essere
rafforzate a tutti i livelli, garantire la
disponibilità adeguata di sale iodato: l’industria
del sale deve riconoscere il processo di iodurazione
come una responsabilità fondamentale; i governi
devono operare con i produttori di sale per
migliorare le loro capacità, e i produttori devono
mantenere e migliorare questa capacità.
Inoltre, potenziare i sistemi di monitoraggio: un
sistema di monitoraggio efficace e costante è
essenziale. Tre tipi di monitoraggio sono necessari,
sul processo di iodurazione del sale dall’industria
alle famiglie; sull’impatto sui livelli di iodio
nella popolazione e sulla complessiva sostenibilità
del programma; mantenere costante la comunicazione e
l’educazione sul fenomeno: gli interventi di
comunicazione dovrebbero prevedere chiare
responsabilità e includere messaggi specifici
adattati ad una vasta gamma di destinatari, tra cui
i leader politici nazionali, l’industria del sale, i
media, i gruppi tecnici e professionali, gli
insegnanti e le famiglie.
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Andrea Di Francia
segnala
il seguente articolo
del prof. dott. Dino Pedrotti, illustre neonatologo e
pediatra (autore, tra l'altro, dei famosi 10
Comandamenti del Signor Neonato), pubblicato dal
giornale "l'Adige" del 13 giugno 2008 |
MESIANO: SOLO IN FAMIGLIA SI PUÒ
PREVENIRE
Del “caso
Mesiano” ho parlato con genitori che discutono
con me su come muovere i primi passi in vista del
futuro comportamento del figlio e su come “essere
genitore” (fin dai corsi di preparazione alla
nascita e alla “genitorialità”). Ho letto lettere di
giovani che riconoscono di “aver violato regole di
civiltà”. Ho letto che il sindaco Pacher è
turbato, vuole capire e chiama la città a ragionare
sul fatto. Ho letto la lucida e chiara intervista al
dott. Bincoletto: la colpa, o meglio la
responsabilità, è senz’altro dei genitori
disorientati e di uno stato troppo tollerante. Le
famiglie si aspettano che sia la scuola ad insegnare
la cosiddetta “educazione civica” e così i genitori
non responsabilizzano i figli; anzi rifiutano di
sentirsi loro responsabili.
Di fronte a ogni
grave fatto compiuto da giovani o adolescenti si
discute subito sulla prevenzione terziaria
(allontanamento dalla scuola, punizioni esemplari,
carabinieri alle feste,…) e su quella secondaria
(interventi della scuola), ma si ragiona poco,
pochissimo sulla prevenzione primaria del
“disagio”, quella più efficace, quella che si deve
praticare in famiglia nei primi anni di vita.
Quando i bambini vanno a scuola, hanno già impostato
le fondamenta della loro personalità, e molti
purtroppo hanno già capito che il mondo è dei furbi
e dei forti, che si deve vincere ad ogni costo,
anche imbrogliando; hanno già passato migliaia di
ore davanti ad una TV con scene violente; hanno già
avuto tutto-subito-gratis da genitori permissivi
che li hanno coccolati come “oggetti di piacere”.
Sono sempre meno i bambini maltrattati, ma molti
figli sono tuttora considerati come “oggetti di
proprietà”, anziché “soggetti di diritto”.
Si parla poco
di responsabilità (di
genitori e bambini) e molto di diritti,
forse troppo e comunque in modo troppo confuso:
sacrosanti i “diritti ad avere quello che serve per
essere bambini” (vita, salute, gioco, istruzione,
famiglia,…) ma non “diritti a fare e ad avere
tutto”! È giusto mettere i bambini con la fascia
tricolore sulla poltrona del sindaco? Lo chiedo
spesso in vari incontri, anche in quelli
dell’UNICEF, dove si esaltano – giustamente – i veri
diritti conquistati dai bambini negli ultimi
decenni.
Quando visito un
bambino nel secondo anno di vita, chiedo
spesso ai genitori se sono preparati a saper
rispondere alla giuste provocazioni del figlio nei
prossimi tre-quattro anni. Dopo che un bambino
prende possesso dell’ambiente e dice le famose
paroline “io, io voglio, è mio”, ha diritto
ad avere dei genitori-istruttori che lo
aiutino a regolare e incanalare la sua naturale
aggressività. Era facile per le nonne bloccare ogni
provocazione; oggi non è più di moda usare le
cattive, e allora i genitori scelgono la strada
altrettanto facile di concedere tutto o di zittirlo
con la TV, col risultato di avere tanti, troppi
bambini viziati.
La terza
strada, quella del dialogo,
non è facile, ha bisogno di riflessione, di
sacrifici, di tecniche e parole giuste da imparare.
Se dovessimo scegliere per nostro figlio un bravo
istruttore per insegnargli a giocare a tennis,
non ne sceglieremmo uno troppo duro e nemmeno uno
troppo debole, ma uno autorevole che studia bene le
tecniche e i giusti modi per insegnarle. Deve
cercare di tenere il più possibile le palline in
gioco, capire dove il bambino le lancia e rinviarle
in modo che lui possa prenderle: questa è la
tecnica del dialogo!
Insomma, noi
vediamo un fiume in piena e alziamo gli
argini (prevenzione secondaria), ma ci
disinteressiamo delle vere cause dell’alluvione: a
monte non regoliamo i flussi d’acqua dei ruscelli,
anzi li facciamo scorrere veloci perché ci piace
vederli puliti e scintillanti, senza preoccuparci
delle conseguenze a valle. Altra immagine: dobbiamo
considerare nostro figlio come “materiale
esplosivo” che può scoppiarci tra le mani se lo
battiamo o se lo scaldiamo troppo. Mi meraviglio che
ci si meravigli di quel che sta succedendo: mettiamo
i nostri figli al caldo eccessivo delle nostre
attenzioni, ma non studiamo le conseguenze delle
nostre azioni. Trovo giusto e logico che un
giovane annoiato e viziato e coccolato giochi a
rompere tutto quel che trova, a drogarsi, a stuprare
ragazzine. Perché no? “Noi abbiamo studiato su
internet come si fa, e perché non dovevamo farlo?”
hanno detto degli adolescenti dopo un fattaccio del
genere.
Anche l’avv.
Andrea di Francia scriveva su l’Adige del 16 maggio
scorso che, se i bimbi rubano, la colpa è dei
genitori. I ragazzini e gli adolescenti violenti o
drogati sono spesso frutti marci di una pianta a cui
non abbiamo dato le giuste cure fin dal momento
della semina. I contadini sanno fare marcia
indietro, quando vedono che certe cure sono
state eccessive o troppo scarse e studiano come
rimediare. Oggi i genitori sono deboli, irretiti da
una società dei consumi fondata sull’Avere e
sull’Apparire, dalla pubblicità, dalla moda,
dall’effimero, dal wellness; non pensano che un
bambino da loro viziato sarà ovviamente un
adolescente a rischio e accusano la società, il
sistema, la scuola…
Di fronte a
questi disastri, vogliamo cominciare a studiare,
come fanno i contadini, come fanno gli
istruttori del tennis, come fanno i responsabili dei
bacini montani, come fanno gli artificieri che
maneggiano esplosivo? Per la prima volta al mondo
i genitori di oggi “devono” studiare.
dinopedrotti@libero.it
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UN IMPORTANTE CONVEGNO
INTERNAZIONALE SULL’INFANZIA |
Si è tenuto a Treviso, il 6 giugno
2008, un importantissimo Convegno Internazionale di
Studio “Giornata dell’attenzione all’infanzia in
casa, a scuola, sulla strada, negli ambienti di
svago. Il bambino e l’uso improprio di psicofarmaci”,
organizzato dal MO.I.CA. Movimento Italiano
Casalinghe Onlus-Aps.
Vi ha partecipato anche Andrea Di
Francia, Chairmain “Osservatorio Diritti
dell’Infanzia”.
Meritano di essere conosciuti alcuni
dati e riflessioni emersi in quella sede.
SICUREZZA STRADALE
Il dott. Marco Giustini,
dell’Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento di
Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Reparto
Ambiente e Traumi, comunica che, in Italia muoiono,
per incidenti stradali, 113 bambini di età compresa
tra 0 e 14 anni, pari al 2% del totale delle morti
per incidente stradale. Di questi, 71, pari al
62,8%, sono trasportati, 18 pedoni (15,9%) e 24
conducenti di biciclette e/o ciclomotori (21,2%).
L’entrata in vigore della legge sull’uso
obbligatorio di cinture e seggiolini per bambini, e
l’uso generalizzato del casco (importante questo per
i quattordicenni) hanno contribuito in modo
sensibile a ridurre questo quadro drammatico.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha
predisposto il seguente
DECALOGO DELLA SICUREZZA STRADALE
DEL BAMBINO
1.- Spiega
al tuo bambino, sin da piccolo, che la strada
nasconde grossi rischi, anche perché tanti
conducenti possono andare troppo veloci, essere
imprudenti, aggressivi, distratti, o addirittura
guidare sotto l’influenza di bevande alcoliche.
2.-
Insegna, appena possibile, al tuo bambino ad
attraversare in sicurezza una strada. Continua ad
addestrarlo nel tempo ed assicurati che lo faccia
sempre correttamente e sempre con grande prudenza ed
attenzione. Se passeggi con lui, tienilo, comunque,
sempre per mano.
3.- Non
lasciare mai solo il tuo bambino, specie in
prossimità di una strada dove transitano veicoli.
4.- Non
lasciare mai il tuo bambino in auto, anche se per
poco tempo (in particolare, ricordati che, con il
finestrino chiuso, in estate la temperatura
all’interno dell’abitacolo può salire molto
rapidamente, con conseguenze anche molto gravi).
5.- Se il
tuo bambino va in bicicletta, fagli usare sempre
l’apposito caschetto.
6.- In moto
o in ciclomotore, fai sempre indossare al tuo
bambino il casco.
7.- In
auto, trasporta sempre il tuo bambino negli appositi
seggiolini o, se è già grandicello, assicuralo con
la cintura di sicurezza.
8.- Non
trasportare mai il tuo bambino in braccio nella
parte anteriore dell’auto: in caso d’urto, il
bambino sarà proiettato violentemente contro il
parabrezza e non riuscirai a trattenerlo. Inoltre,
se la macchina è dotata di air bag, proprio l’uscita
esplosiva dell’air bag potrebbe ferirlo molto
gravemente o addirittura ucciderlo.
9.- Evita
di trasportare il tuo bambino in seggiolino nella
parte anteriore dell’auto se questa è equipaggiata
con air bag.
10.- Sii di
esempio al tuo bambino: guida con prudenza, metti
sempre il casco sulle due ruote ed utilizza sempre
le cinture di sicurezza, anche nella parte
posteriore dell’autoveicolo.
SIDS
Il dott. Antonino Reale,
Responsabile dell’Unità Operativa Pediatria
dell’emergenza – DEA- Ospedale “Bambino Gesù” di
Roma, ha parlato della SIDS ( Sudden Infant Death
Sindrome), cioè della morte improvvisa ed
inaspettata di un lattante sotto l’anno di vita
senza possibilità di accertarne la causa. Ha detto
che la SIDS colpisce, in Italia, circa un bambino
ogni mille nati rappresentando la causa più
frequente di morte tra 1 e 12 mesi di vita, con un
picco di maggior incidenza tra i 2 e i 4 mesi. Ha
individuato, nelle seguenti, l principali cause che
possono aumentare il rischio di morte:
-
la posizione prona durante il sonno
-
il mancato allattamento materno
-
il fumo materno in gravidanza
-
il fumo nell’ambiente dove vive il
bambino
-
l’eccessiva temperatura nella stanza
in cui dorme il bambino
-
la stagione invernale
-
la concomitanza di infezioni
respiratorie
-
l’utilizzazione di cuscini e
materassi troppo morbidi.
Ha aggiunto che le campagne per la
eliminazione dei fattori di rischio ed in
particolare la raccomandazione a far dormire i
bambini sulla schiena, hanno permesso, specie negli
Stati Uniti, di dimezzare la mortalità per SIDS.
ALCOL
Il prof. Emanuele Scafato,
WWHO Colalborating Centre for Research and Health
Promotion on Alcohl and Alcohl-related Health
Problems-Istituto Suoeriore Sanità-155, ha parlato
su “I bambini, i giovani e l’alcol: analisi e
considerazioni”, evidenziando, tra l’altro che:
-
il consumo e l’abuso di alcol fra i
giovani e gli adolescenti è un fenomeno preoccupante
e in forte crescita sia a livello internazionale che
nazionale;
-
dal progetto europeo di indagini
condotte nelle scuole (ESPAD) è emerso che,
escludendo tabacco e caffeina, l’alcol è la sostanza
psicoattiva maggiormente utilizzata dai giovani
dell’UE. La percentuale degli studenti di 15-16 anni
si sono sono ubriacati almeno qualche volta varia
dal 36% in Portogallo all’89% in Danimarca. La
cultura del bere attualmente diffusa tra i giovani
segue sempre più frequentemente standard orientati
verso modelli di “binge-drinking” ossia il “bere per
ubriacarsi”, 5 drink di seguito;
-
il consumo di alcol in Italia è un
fenomeno in continua evoluzione dal 1998 al 2003
sono aumentate per entrambi i sessi le prevalenze
dei consumatori teenager di super alcolici (+24,4%),
di aperitivi alcolici (+ 46,1%) e dei consumatori
fuori pasto (+ 50%); nel caso di queste due ultime
tipologie di consumo le variazioni maggiori si
registrano per il sesso femminile;
-
le conseguenze legate a questo
fenomeno, dannoso per la salute stessa (maggiori
probabilità di contrarre tumori, problemi di
pancreas ed al sistema cardiovascolare, problemi
gastrointestinali e neurologici, danni al sistema
riproduttivo), risultano essere molteplici anche a
causa dei cosiddetti effetti secondari, indotti da
comportamenti a rischio sotto l’effetto dell’alcol:
- la guida in stato di ebbrezza, che,
a sua volta, è la causa principale di incidenti
stradali spesso mortali.
- La violenza intrafamiliare alcol
correlata
- La violenza extrafamiliare o
comunque agita contro i terzi.
- Provocare danni alla proprietà
altrui
- Il peggioramento delle prestazioni
scolastiche che spesso conducono all’abbandono degli
studi.
Uno dei principali ostacoli alla
diffusione di una corretta informazione e
comunicazione sui rischi e danni causati dall’alcol
è rappresentata dalle pressioni sociali al bere e
dall’azione dei mass media e delle pubblicità che
privilegiano l’uso di associazione di immagini di
successo (ricchezza, sesso, salute, amicizia) al
consumo di alcol proposto anche attraverso il
ricorso a testimonial o a personaggi famosi del
mondo dello sport, della moda e del cinema.
L’abuso di alcol in Italia è quindi
un fenomeno che, nel corso degli anni, si è
tristemente connotato come prima causa di mortalità
prematura, disabilità e, in genere, di rischio per i
giovani (850.000 giovani di età al di sotto dell’età
legale consuma bevande alcoliche)., i quali,
spesso, vengono, ingiustificatamente, indicati come
i perpetratori di danni, di violenze o di atti
contrari alla civile convivenza, dimenticando o
sorvolando sulla circostanza che essi stessi sono,
invece, le prime vittime dell’alcol e delle
pressioni al bere che hanno raggiunto in Italia
livelli di esposizione mai verificati in passato. Si
aggiunga la carenza di un controllo formale o
informale sui comportamenti a rischio
frequentissimi, ad esempio, nelle discoteche.
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“IRAN, 100
MINORI ATTENDONO LA FORCA” |
KIWANIS INTERNATIONAL DISTRETTO
ITALIA-SAN MARINO
Chairman “Osservatorio Diritti
dell’Infanzia”
AL PRESIDENTE ELETTO
DANIEL VIGNERON
B-6690 VIELSALM
BELGIUM
°°°°°°°°°°°
Carissimo Presidente Eletto,
quale Chairman “Osservatorio Diritti dell’Infanzia”
del Kiwanis International Distretto Italia-San Marino,
sento il dovere di comunicarTi quanto –non senza
inorridire- ho letto, a pag. 14, del quotidiano, edito
a Verona, “Città”, di mercoledì 28 maggio 2008:
“IRAN, 100 MINORI ATTENDONO LA FORCA”.
“Sono cento i minorenni che attendono di essere
impiccati nelle carceri iraniane. Lo ha reso noto
l’avvocato di venti di loro, Mohammad Mostafai, che in
una lettera aperta inviata al capo dell’apparato
giudiziario, ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, ha
chiesto la cancellazione delle esecuzioni”.
Non occorre spendere eccessive parole per dimostrare
che la condanna di minorenni alla pena capitale
costituisce una barbarie inaudita, la quale nega, in
radice, il massimo valore dell’umanità, qual è il
diritto alla vita: diritto fondamentalissimo
dell’essere umano, espressamente previsto e tutelato,
in ambito internazionale:
-
dall’art.6, comma 1 della Convenzione
di New York 20 novembre 1989 (“Gli Stati parti
riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente
alla vita”);
-
dall’art. 2, comma 1 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea, firmata a
Nizza il 7 dicembre 2000 (“Ogni individuo ha
diritto alla vita”);
-
dall’art. 3 della Dichiarazione
Universale dei diritti dell’Uomo (“Ogni individuo
ha diritto alla vita…”); dall’art. 37, comma 1,
lettera a) della Convenzione sui diritti del fanciullo
(New York 20 novembre 1989), per il quale “Gli
Stati vigilano affinchè: a) nessun fanciullo sia
sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli,
inumani o degradanti. Né la pena di capitale né
l’imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio
devono essere decretati per reati commessi da persone
di età inferiore a diciotto anni”.
L’abolizione della pena di morte fu oggetto di un
apposito Protocollo addizionale al patto
internazionale sui diritti civili e politici, adottato
nel 1989, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
(negli Stati Uniti, la Supreme Court Of United States
of America, Simmons Case, 1, March 2005 -cit. nel
Codice della famiglia, a cura di Michele Sesta,
Giuffrè, Milano, 2007, p. 160- ha dichiarato
incostituzionale l’esecuzione della pena capitale per
reati commessi da minori di 18 anni).
Ti manifesto la più profonda indignazione per una così
inqualificabile, ingiustificata ed ingiustificabile
ferocia e, a nome mio personale, del Governatore del
mio Distretto dott. Sandro Cuzari, delle altre
Autorità del mio Distretto, dei kiwaniani tutti e
dell’Umanità intera, Ti prego, carissimo Presidente
Eletto, di intervenire, tempestivamente, segnalando il
gravissimo, inqualificabile fatto alla COMMISSIONE
EUROPEA perché faccia sentire la sua autorevole voce a
difesa del diritto alla vita e ponga in essere ogni
sforzo atto ad evitare che 100 minorenni siano
impiccati.
Ove, infatti, fosse eseguita una tale aberrante
sentenza, anche per un solo bambino, l’umanità tutta
verrebbe gravemente ed irrimediabilmente offesa nel
suo valore più alto e più profondo.
A Tua completa disposizione per quant’altro possa
esserTi utile e, grato per quanto potrai fare, Ti
porgo i più cordiali saluti
Avv. Andrea Di Francia
C.so Buonarroti, 47
38100 TRENTO (Italia)
Tel. +39-0461/827040
Cell. +39-328/7397260
e-mail:
andrea.difrancia@tele2.it
Trento, 30 maggio
2008.-
|
MOZIONE APPROVATA ALLA XXXI CONVENTION DI
TAORMINA GIARDINI NAXOS IL 24.05.2008
>>> |
FIGLI SOTTRATTI AI GENITORI: TUTELA
O ABUSO?
Relazione di Andrea Di Francia a Verona
il 4-6-2008
L’interrogativo proposto (“tutela
o abuso?”) apre a riflessioni che coinvolgono,
da un lato, la tutela del minore e, dall’altro,
sistemi di competenze e di formazioni distinte,
quali:
-
il sistema degli organismi
giudiziari minorili;
-
il sistema dei servizi
territoriali pubblici e privati.
Diciamo subito che si tratta di
sistemi in crisi da tempo, incapaci,
attualmente, di assolvere ai delicati compiti cui sono
preposti.
Si aggiunga che, in Italia, come in
altri Paesi, la cultura popolare sul minore è
tuttora impregnata di supeficialismo e di luoghi
comuni che garantiscono certamente al bambino la
salvaguardia di standards minimali di sopravvivenza,
ma sono ben lontani dal garantire le ulteriori
necessità evolutive rappresentate dalla
Convenzione di New York 20 novembre 1989, resa
esecutiva in Italia con legge n.176 del 1991.-
Ai contenuti di questa Convenzione si ispira l’azione
del Kiwanis International Distretto Italia-San Marino
che ho l’onore di rappresentare in questa sede.
La verità è che le problematiche
minorili sono affidate agli studi di pochi tecnici e
le acquisizioni scientifiche non hanno la necessaria
diffusione nella popolazione.
La crisi (che possiamo dire, ormai,
fallimentare) non riguarda soltanto il sistema degli
organismi giudiziari minorili e dei servizi
territoriali, ma lo stesso sistema legislativo,
astretto in una evidente ed inconciliabile
divergenza tra affermazioni di principio e tutela
pratica dell’infanzia.
In linea teorica:
- una legislazione dominata dal
principio informatore dell’interesse del minore;
- l’istituzione del Tribunale per i
minorenni;
- la normativa fortemente garantistica
del nuovo Codice di procedura penale;
- la previsione di un’assistenza
sociale e sanitaria gestita dallo Stato;
- i principi del nuovo diritto di
famiglia e della legge n. 184 del 1983, sulla
disciplina delle adozioni;
- le modifiche della legge n. 149 del
1991 e la legge n. 54 del 2006 sull’affidamento
condiviso,
farebbero ritenere che il legislatore
rivolge, all’infanzia e alle famiglie, un’attenzione
particolare.
Non è così. La realtà pratica
parla un linguaggio ben diverso.
Parla:
-
di scarsità delle risorse umane e
materiali;
-
di una normativa contraddittoria e di
difficile applicazione;
-
di riforme non entrate in vigore perché
prive della necessaria copertura finanziaria;
-
della mancata istituzione di figure
professionali;
-
delle carenze strutturali e della
frammentarietà ed a volte sovrapposizione e confusione
degli interventi, sino a creare una dissociazione tra
previsioni e realizzazioni, tra una cultura minorile
d’élite ed una prassi molto riduttiva
Si pensi, ad esempio, alla legge n.
149 del 2001. Questa legge aveva introdotto
norme molto garantistiche in favore dei genitori
dei minori sottoposti alle verifiche sull’esercizio
della potestà e sull’esistenza dello stato di
abbandono da parte del tribunale per i minorenni.
Ebbene, tale legge è stata costretta al rinvio fino
al 1° luglio 2007, per mancanza di copertura
finanziaria.
Nella recente normativa sull’affidamento
condiviso, il legislatore ha considerato
soltanto le separazioni personali tra genitori
coniugati. Si è dimenticato che esistono anche
figli di genitori non coniugati e, quando si è
avveduto, ha detto che la legge si applica anche ai
genitori naturali, senza considerare che esiste un
tribunale per i minorenni dove si applica una diversa
procedura e che, in quella sede, manca il presupposto
dell’affidamento condiviso, cioè la pronuncia di
separazione giudiziale.
Per venire più direttamente al tema
proposto, si deve ricordare, innanzitutto, che qui
vengono in rilievo due diritti fondamentali del
minore: a) il diritto di crescere ed
essere educato nell’ambito della propria famiglia
(art. 1 legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito
dalla legge 28 marzo 2001, n. 149); b) il
diritto di non essere separato dai propri genitori
contro la sua volontà (art. 9 della Convenzione di New
York del 1989). La Corte europea dei diritti
dell’uomo ha statuito che “il godimento della
compagnia reciproca, da parte dei genitori e figli,
costituisce un elemento fondamentale della vita
familiare come stabilito dall’art. 8 della
Convenzione”, il quale persegue l’obiettivo primario
“di tutelare l’individuo dall’azione arbitraria delle
autorità pubbliche”. Ed ha aggiunto che “l’art.8
include il diritto dei genitori all’adozione di misure
volte a riunirli con i propri figli e un obbligo delle
autorità nazionali di facilitare tali riunioni” (sent.
13.3.2007).
Perciò, ogni qualvolta si sottrae il
minore ai suoi genitori si corre il rischio di violare
questi due importantissimi diritti.
Si tratta, allora, di vedere quando tale
sottrazione possa legittimamente avvenire e da
parte di chi.
Alla prima domanda, risponde l’art.
403 del codice civile, per il quale: “Quando
il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è
allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da
persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per
altri motivi incapaci di provvedere alla educazione di
lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi
di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo
sicuro, sino a quando si possa si possa provvedere in
modo definitivo alla sua protezione”
Si tratta di situazioni soltanto
temporanee. Infatti:
a)
l’allevamento in locali insalubri
o pericolosi va rimossa con l’assegnazione di
una casa decorosa alla famiglia del minore;
b)
l’incapacità educativa
implica un’attenta valutazione da parte di persone
professionalmente preparate e capaci e va comunque
superata mediante la manifestazione di disponibilità a
seguire le indicazioni di tali persone;
c)
anche l’abbandono materiale o morale
deve essere considerato in un’ottica di
temporaneità. La Suprema Corte, infatti, ha
statuito che si dovrà, in primo luogo, procedere al
recupero della famiglia di origine mediante i servizi
sociali. E ai servizi sociali, la
Cassazione raccomanda “ di non limitarsi a
registrare passivamente le insufficienze della
situazione in atto, ma di costruire, con gli opportuni
strumenti di aiuto e di sostegno, nella famiglia del
sangue, relazioni umane significative ed idonee al
benessere del bambino” (Cass. 28 giugno 2006, n.
15011). E’ fin troppo noto, infatti, che la
eccessiva burocratizzazione dei servizi sociali
ne ha minato l’efficienza e che, per rimediare a tale
situazione, si è ritenuto che la disciplina del
Welfare (benessere, prosperità) debba essere
improntata ad una logica che non privilegi l’apparato
pubblico, ma che investa sull’associazionismo
privato sia pure nell’ambito delle linee guide
tracciate dai pubblici poteri, cui spetta la
erogazione delle relative risorse economiche.
L’accertamento di tali presupposti non
può prescindere dall’ascolto del minore. Il diritto
del minore ad essere ascoltato è riconosciuto:
-
dall’art. 316 c.c. che riguarda il
contrasto con i genitori (l’ascolto necessario è per
il minore che abbia compiuto 14 anni);
-
dall’art. 371 c.c. che prevede
l’obbligo per il giudice di ascoltare il minore che
abbia compiuto 10 anni prima di decidere sul luogo
dove deve essere allevato o sull’indirizzo da dare ai
suoi studi o sull’avviamento professionale;
-
dalla legge n. 184 del 1983, come
modificata dalla legge n. 149 del 2001, che disciplina
l’adozione dei minori sancisce l’obbligo di ascoltare
il bambino che abbia compiuto 12 anni e se capace di
discernimento, anche di età inferiore;
-
dall’art. 155 sexies c.c.
sull’affidamento condiviso fa obbligo dell’ascolto dei
minori coinvolti nella separazione dei loro genitori.
Non si trascuri di considerare che,
approfonditi studi e ricerche, hanno confermato che il
bambino, sin dall’età di cinque anni, acquista
l’uso della ragione ed è, perciò, portato, sin da tale
età, a percepire e capire gli stati d’animo delle
persone che lo circondano, le incomprensioni dei
genitori, la mancanza di sintonia all’interno della
famiglia ed è in grado, quindi, di offrire al giudice
riferimenti, giudizi, indicazioni utili per meglio
risolvere la situazione d’incomprensione che lo
circonda. Sarebbe, perciò, sminuire il suo “sentire”,
fatto di gioie e di dolori, il fatto di non tener
conto dei suoi stati d’animo, giudizi, impressioni ed
aspirazioni.
Non può sottacersi, inoltre che, nei
procedimenti di cui agli artt.330 ss. c.c., inerenti
il controllo della potestà dei genitori, per il quale
è competente il tribunale per i minorenni, l’ascolto
del minore è lasciato alla piena discrezionalità del
giudice minorile. La Corte Costituzionale,
con sentenza n. 1 del 2002, ha ribadito che il bambino
deve essere ascoltato, avendo il nostro
ordinamento recepito l’art. 12 della Convenzione di
New York, in modo diretto dal giudice stesso o
indiretto attraverso l’ascolto da parte di un
rappresentante o di un servizio appropriato che ne
riferiranno poi al giudice.
Si aggiunge che la Convenzione di
Strasburgo del 1966, ratificata in Italia con
legge n. 77 del 2003 riconosce al minore, capace di
discernimento, “il diritto di
ricevere ogni informazione pertinente, di essere
consultato e di esprimere la propria opinione, di
essere informato delle eventuali conseguenze della
messa in pratica della sua opinione e delle eventuali
conseguenze di ogni decisione”.
Nei casi di:
-
separazione personale, per
l’affidamento dei figli;
-
interventi di limitazione o di
decadenza della potestà genitoriale e di
regolamentazione dell’esercizio della potestà;
-
accertamento dello stato di abbandono;
-
procedimenti dinanzi al Tribunale per i
minorenni
acquista notevole importanza la
consulenza psicologica, richiesta dal giudice
nell’ambito dei relativi procedimenti giudiziari.
Occorre che il consulente:
-
analizzi ed approfondisca con rigore
metodologico ed il rispetto delle regole processuali e
deontologiche, la situazione personale e relazionale
del bambino, partendo dall’ascolto qualificato dello
stesso;
-
approfondisca le relazioni
interpersonali tra il bambino e le sue diverse figure
di riferimento, indispensabile per la formulazione di
una diagnosi esaustiva e di appropriati interventi
volti al benessere del minore;
-
valuti i contesti di vita del minore,
familiari e non, nel quale è inserito;
-
metta in luce la situazione psicologica
del bambino, con i suoi specifici bisogni, con le sue
risorse reali e potenziali, nonché i fattori di
rischio e protettivi dell’ambiente in cui vive, la
reale disponibilità e capacità da parte delle figure
di riferimento a ridefinirsi, cambiare atteggiamenti e
a prendersi adeguata cura di lui.
Non a caso, da più parti (cfr.
Ianniello e Mari, p. 147) si prospetta la necessità
di riforma dell’albo dei consulenti e che si
abbandoni la prassi, ormai consolidata, di
incaricare i consulenti sulla base di un rapporto
personale, a volte solo di amicizia o di segnalazione
sul tipo di “passaparola”. La riforma dovrebbe
indicare e definire i requisiti minimi per
l’iscrizione, rendere più rigorosi i criteri di
ammissione sulla base di percorsi formativi e
professionali qualificati e mirati, per arrivare ad
individuare nuovi profili professionali che, se da un
lato, garantiscono un’alta preparazione specialistica,
dall’altro sono più attenti al rapporto con la
magistratura e la giustizia. Il professionista deve
essere competente e deve saper entrare nella
sintonia processuale, deve conoscerne le regole, tutti
i protagonisti, deve integrare il suo sapere e il suo
linguaggio con quelli giuridici, nel rispetto della
propria autonomia professionale.
Tra i soggetti preposti allo
svolgimento di delicate funzioni, assume particolare
importanza l’assistente sociale, cui spetta il
compito di:
-
segnalare al Tribunale per i minorenni
le situazioni di oggettivo e grave abbandono o di
grave pregiudizio per un minore;
-
di proporre, in collaborazione con gli
altri professionisti coinvolti, l’attivazione di
interventi di sostegno assistenziale ed educativo
(affidamenti familiari o in strutture d’accoglienza;
azioni di sostegno alla rete relazionale o di supporto
psicologico), nell’intento di ricostruire idonee
relazioni genitoriali, finalizzate a salvaguardare,
per quanto possibile, i legami affettivi.
Oggi, purtroppo, l’esperienza ci
insegna che, molto spesso, il servizio sociale
viene inteso dagli stessi interessati come un
esercizio del potere e non come dedizione ad alleviare
sofferenze altrui. Gli operatori sociali, inoltre,
sembrano schiacciati nella routine delle
procedure burocratiche. “Spesso la rete di protezione
dei Servizi Sociali è del tutto insufficiente e fatica
ad adeguarsi a situazioni nuove o a semplici
incrementi di quei fattori di ‘rischio’ per
l’infanzia, oggi presenti in maniera endemica nelle
società industrializzate” (Ianniello e Mari, p. 94).
E’ necessario, quindi, che in una
materia così importante e delicata, si provveda con
urgenza a formare professionisti che
conoscano effettivamente procedure e metodologie
occorrenti a garantire ai soggetti coinvolti
l’esercizio dei propri diritti.
L’allontanamento dei figli ai genitori
non può e non deve avvenire a cuor leggero,
ma implica, da un lato gravi comportamenti
pregiudizievoli dei primi e la predisposizione di
percorsi di protezione a favore dei secondi. Questo
richiede necessariamente una forte integrazione tra
i sistemi sociali, sanitari e giudiziari, i quali
devono collaborare costruendo linguaggi, conoscenze e
saperi sempre più organici. Deve essere a tutti chiaro
che occuparsi dei bambini e degli adolescenti
significa, in primo luogo, conoscere l’evoluzione
delle relazioni familiari e di quegli indicatori che
oggi portano a disegnare un profilo di famiglia sempre
più variegato, molteplice, dove si sviluppano
differenti relazioni tra sessi e generazioni e dove,
al fianco di famiglie anagrafiche (insieme di
persone che, per vincoli di parentela o per scelta,
abitano assieme), si trovano, sempre più spesso,
famiglie monoparentali (con un solo genitore e
figli), famiglie ricomposte (ricostituite dopo
precedenti divorzi o separazioni) e famiglie
ricongiunte (formate da nuclei di immigrati
extracomunitari).
Il minore allontanato dai genitori
può essere affidato ad una comunità di
accoglienza (gestita da un’équipe integrata di
educatori, assistenti sociali e psicologi) o di
tipo familiare (sostenuta da una coppia, talvolta
supportata dalla presenza di operatori o volontari),
avendo lo scopo di favorire il reinserimento del
minore nella famiglia d’origine o la sua collocazione
in altra famiglia (per affidamento o adozione).
Si tenga presente, però, che una
prolungata istituzionalizzione (troppo facilmente
offerta in passato) comporta rischi notevoli per il
minore. L’esperienza ha dimostrato che, laddove
l’affidamento in comunità del bambino si protragga
per un lungo tempo, egli non recupererà mai più
una vita familiare al di fuori di tale Comunità. E
la Corte europea dei diritti dell’uomo ha aggiunto che
non si rende giustificabile un affidamento senza un
limite temporale dello stesso (sent. 13.7.2000).
Ebbene, nonostante che la legge 149 del 2001 ha
determinato per il 31 dicembre 2006 la chiusura di
tutti gli orfanotrofi, si ha notizia che in Italia
vi sono 34.000 bambini ancora rinchiusi (segregati) in
tali istituti. Alla Regione spetta il compito di
vigilare a che simili abusi non abbiano a verificarsi.
Lavorare con e per i minori,
specialmente per i minori a misura di tutela da parte
dell’autorità giudiziaria, richiede competenze
specifiche, un chiaro mandato istituzionale, abilità
personali ed un approccio comunitario.
Il coordinamento in rete per la
tutela dell’infanzia e dell’adolescenza prevede il
coinvolgimento di Enti locali (Provincia,
Comuni), dei servizi sociali delle AASL
(consultori familiari, spazio giovani), dei servizi
sociali dei Comuni, dei servizi di
neuropsichiatria infantile, di emergenza
sanitaria, delle scuole, delle associazioni del
privato sociale, delle forze dell’ordine e della
magistratura, affinchè si possano analizzare le
diverse realtà territoriali, cogliendone le carenze ed
i bisogni specifici e, quindi, intervenire con
progetti di intervento sui diversi livelli di
prevenzione o gestione dei fenomeni che richiedono
tutela.
La battaglia per i genitori e per i
figli “si vince o si perde
nella capacità di operare assieme delle
diverse figure professionali interessate, nel
risultato di informare e coinvolgere le famiglie nel
lavoro da compiere, nella diffusione della cultura e
nella consapevolezza che il bambino sia una plastica
creatura in evoluzione, sensibile a tutte le azioni ed
omissioni degli adulti che gli sono più vicini” (
Ianniello e Mari, p. 97)
Andrea Di Francia
Chairman “Osservatorio diritti
dell’Infanzia”
del Kiwanis International Distretto
Italia-San Marino
|
Intervento di
Andrea Di Francia sulla criminalità minorile e la
responsabilità dei genitori, pubblicato sul quotidiano
l'Adige di Trento del 16 maggio 2008 |
BIMBI CHE RUBANO E RESPONSABILITA’
DEI GENITORI
Per il dott. Luciano Spina, giudice del
tribunale per i minorenni di Trento e V. Presidente
dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i
Minorenni e per la Famiglia, “Quando accadono
episodi del genere (leggi: furti commessi da
minorenni), bisogna arrivare alla causa ossia ai
genitori. I ragazzi sono solo l’effetto” (Giornale
“l’Adige” di Trento del 15 maggio 2008, p. 19).
Affermazione chiara, lapidaria, esattissima, oltre
che autorevole.
Si consideri, ad esempio, che il rapporto ONU del 2006
ha stimato che il numero dei bambini soggetti a
violenza domestica oscilla tra i 133milioni e i 275
milioni e che, nei Paesi sviluppati, il numero di
bambini maltrattati varia tra i 4,6 e gli 11,3milioni
La domanda, allora, non è tanto quella di che cosa si
può fare per reprimere il comportamento dei minori;
ma di che cosa si deve fare nei confronti dei loro
genitori, colpevoli, innanzitutto, di aver violato il
dovere costituzionale di “mantenere, istruire ed
educare i figli” (art. 30, comma 1 Cost.);
responsabili –in altre parole- di aver negato ai
propri figli l’esercizio di fondamentali diritti
soggettivi, costituzionalmente garantiti e protetti,
di cui i figli sono titolari.
Dovrebbe essere ormai a tutti noto che, con la
Convenzione di New York del 1989, resa esecutiva in
Italia con legge n. 176 del 1991, il minore è passato
dalla situazione di minore soltanto protetto, a minore
partecipante e cioè a soggetto titolare di veri e
propri diritti soggettivi perfetti, autonomi e
azionabili anche nei confronti degli esercenti la
“potestà genitoriale” (Cass. n. 15145 del 2003). Con
la conseguenza che i genitori sono passati da titolari
del “potere” (“potestà genitoriale”), a titolari della
“responsabilità genitoriale” (Reg. CE Cons. n.
2201/2003). Il che significa, nel concreto, che,
attualmente, essi assumono una “posizione di garanzia”
nei confronti dei propri figli; sono divenuti, cioè,
–agli occhi della legge- garanti del soddisfacimento
dei diritti di questi ultimi. Con l’ulteriore
conseguenza che, come costantemente insegna la Suprema
Corte (cfr. Cass. pen. n. 3124 del 2005; Cass. pen. n.
4331 del 2006), potrebbero divenire anche penalmente
responsabili degli illeciti materialmente commessi dai
propri figli: il 2° comma dell’art. 40 del codice
penale prescrive, infatti, che non impedire un evento
che si ha l’obbligo giuridico di impedire (e, nella
specie, cfr. Convenzione di New York cit.; artt. 30
Cost. e 147 c.c.; nel caso di accompagnamento sul
luogo in cui avviene il reato, si risponde
addirittura, a titolo di concorso ex art. 110 c.p.),
equivale a cagionarlo. Quindi, anche quando non fosse
certa la partecipazione concreta e diretta dei
genitori alla commissione del reato, la responsabilità
penale degli stessi potrebbe ritenersi comunque
sussistere a norma dell’ art. 40, comma 2 c.p.
All’ente pubblico (il quale sa molto bene che elargire
provvidenze alle famiglie non significa, sempre e
comunque, garantire protezione ai minori) occorre
chiedere sempre più responsabile attenzione
nell’impiego di pubbliche risorse: l’esperienza,
purtroppo, insegna che, molto spesso, sono proprio
coloro, cui la legge demanda l’obbligo di proteggere i
minori, ad essere gli artefici delle violenze
perpetrate nei confronti degli stessi.
Occorre, quindi, che l’ente pubblico realizzi la nuova
filosofia, destinata a finalizzare, effettivamente,
gli interventi pubblici in favore dei minori (vittime,
molto spesso, come si è visto, dei soprusi e delle
violenze degli adulti e, nelle politiche sociali,
tuttora ascoltatori passivi ed inermi degli adulti che
discorrono intorno ai loro diritti fondamentali).
Non va, infine, sottaciuto che, con riferimento ai
Rom, la Suprema Corte (Cass. n. 17857 del 2002) ha
statuito che, nell’ambito dei Paesi aderenti all’UE, è
da escludere l’esistenza di uno statuto di nomadi di
etnia Rom e che, con il 1° gennaio 2007, la Romania è
entrata a far parte dell’UE.
Andrea Di Francia
|
Purtroppo si leggono notizie come
questa!
2-5-2008 |
CRONACA
Arrestata anche una coppia di 24 e 25 anni, la loro
casa teatro delle violenze
La vittima di turno scelta con il gioco della
bottiglia. Fermato un 17enne
Palermo, in manette una madre
vendeva i tre figli ai pedofili
I piccoli coinvolti nella
visione di film porno e nel consumo di hashish
PALERMO - Tre fratellini minorenni vittime di abusi
sessuali con la complicità della madre. La scoperta è
stata fatta dalla polizia di Palermo. I fatti si
sarebbero verificati a Ballarò, un quartiere popolare
della città. In manette un diciassettenne e tre
maggiorenni, accusati di violenza sessuale di gruppo.
Le ordinanze sono state emesse dal gip del Tribunale
per i Minorenni di Palermo, Valeria Spatafora, e dal
gip del Tribunale di Palermo, Maria Pino, su richiesta
dei sostituti procuratori Francesca Lo Verso e Alessia
Sinatra. Fra le persone arrestate c'è anche la madre
dei tre piccoli, di età inferiore ai dieci anni, che
subivano le violenze e poi una coppia, marito e
moglie, di 25 e 24 anni, proprietari dell'abitazione
in cui si sarebbero verificati gli abusi.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la madre
dei bambini e gli altri indagati avrebbero abusato per
diversi mesi dei 3 fratellini. E' stata una delle
piccole vittime, da tempo ospite di una casa famiglia,
a raccontare tutto ad un neuropsichiatra infantile.
Secondo quanto ricostruito i bambini sarebbero stati
costretti non solo ad assistere a "giochi erotici
spinti -come spiegano gli investigatori - ma a volte
sono stati anche costretti a subirli". In particolare,
i 3 bambini sarebbero stati obbligati a partecipare al
gioco 'della bottiglia', che stabiliva chi "era il
destinatario dell'abuso" perpetrato dalla coppia di
coniugi e addirittura dalla madre delle vittime.
Non solo. Gli indagati, all'interno dell'abitazione,
non si sarebbero limitati ai giochi sessuali ma
avrebbero fumato hashish "facendolo fumare anche agli
stessi bambini" ed avrebbero visto film pornografici,
sempre in presenza dei piccoli. Le dichiarazioni delle
vittime sono state vagliate da operatori e psicologi
infantili che in conclusione ne hanno attestato
l'attendibilità.
(30 aprile 2008)
|
La Casa Editrice
Dott. A. Giuffrè Editore di Milano ha pubblicato il
volume di Andrea Di Francia, Chairman Osservatorio
Diritti dell’Infanzia e Fabio Dallagiacoma,
“I DIRITTI DEI
MINORENNI NELLA GIURISPRUDENZA”.
L’ opera è preceduta
dalla Prefazione di Giuseppe Fioroni,
Ministro della Pubblica Istruzione e dalla
Introduzione di Luciano Spina, Giudice del
Tribunale per i minorenni di Trento e V. Presidente
dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i
Minorenni e per la Famiglia.
Il volume si compone
di sette capitoli e si caratterizza per la puntuale
individuazione e per gli ampi approfondimenti dei
singoli diritti dei minorenni, nella società
multietnica, nonché della loro tutela anche in sede
giudiziaria, operati alla luce della legislazione
vigente, interna e internazionale, della migliore
dottrina e degli arresti giurisprudenziali, con
particolare riguardo alla “rivoluzione copernicana”
operata dalla Convenzione di New York 20 novembre
1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con
legge 27 maggio 1991, n. 176. Tale Convenzione ha
riconosciuto ai minorenni soggettività piena e
generale, affrancandoli da una condizione di mera
protezione e segnando il passaggio dal bambino
protetto al bambino partecipante.
Correlativamente, si è registrato il passaggio dei
genitori da una posizione di “potere” a quella, più
consona, di “responsabilità”.
Costituiscono un
valore aggiunto gli indici (sommario, analitico,
degli Autori e delle sentenze riportate)
particolarmente curati.
|
ROVERETO
GIOVEDI’ 21 FEBBRAIO 2008, ORE 20,30
SALA FILARMONICA |
TAVOLA ROTONDA SUL TEMA ADHD
I DIRITTI DEL BAMBINO ALLA RISERVATEZZA E
ALL’ASCOLTO
Nella prefazione al mio libro (di prossima pubblicazione)
su “I diritti dei minorenni nella
giurisprudenza”, il Ministro della Pubblica
istruzione, prof. Giuseppe Fioroni, scrive, tra
l’altro: “La “persona”,
dunque, è al centro dell’ impegno e delle attenzioni
che ciascun governo deve assumere nell’ambito della
propria attività politica e amministrativa. Se ciò
vale in linea generale, diventa ancora più stringente
e inderogabile in riferimento ai minorenni, nei cui
confronti la normativa internazionale ha declinato
specifici diritti (alla vita, alla salute, alla
propria identità, allo studio, ad essere protetti) che
gli Stati firmatari della Convenzione di New York del
1989, tra cui l’Italia, si sono vincolati a recepire
nel proprio ordinamento”.
Tutti dovrebbero ormai sapere che, questa Convenzione,
resa esecutiva in Italia dalla legge 27 maggio 1991,
n. 176, ha operato una vera e propria rivoluzione
copernicana, facendo passare il bambino da “bambino
protetto” a “bambino partecipante”.
“Partecipante” a che cosa ed in forza di che cosa?
“Partecipante” ad ogni e qualsiasi attività che lo
riguarda, dentro e fuori la propria famiglia. Questa
Convenzione, infatti, ha creato in capo a ciascun
bambino importantissimi diritti soggettivi, al
doveroso esercizio ed alla doverosa tutela dei quali
sono primariamente preposti i genitori.
Essere riconosciuto portatore di una soggettività
autonoma costituisce, nel percorso evolutivo di
ciascun soggetto, il fondamento stesso della propria
identità soggettiva, dell’autostima, del rispetto di
sé e dell’Altro.
Ebbene, a fronte di questa Convenzione, il primo dato che
rileva è che in Italia, essa è passata quasi sotto
silenzio. Genitori, insegnanti, mondo politico,
società sembrano troppo occupati per prestare orecchio
a “queste cose”. Lo stesso Tribunale per i minorenni
ancora si attarda ad assumere a parametro di
riferimento l’”interesse del minore”, anziché il
“diritto del minore”. Qualcuno, addirittura, si è
permesso il lusso di chiedersi e di chiedere: “A che
serve attribuire diritti ai bambini se poi a
rivendicarli e ad esercitarli sono sempre i genitori?”
Chi si fa e fa simili domande non ha capito
assolutamente niente: non ha capito, principalmente,
che il riconoscimento in capo ai bambini di diritti
soggettivi, ha operato il passaggio dal “potere”
(es. “patria potestà”) alla “responsabilità”:
l’uno, intriso di “facoltà”; l’altra, connotata di
“doveri” e, come dice la stessa parole, di
“responsabilità”. A fronte di un diritto riconosciuto
al bambino, il genitore non è chiamato a chiedersi se
è nel suo interesse o meno; se è il caso di farglielo
esercitare o meno. Egli è tenuto a farlo esercitare ed
a tutelarlo. Anzi, come dice la Suprema Corte, il
genitore e chi ha la responsabilità genitoriale sul
minore, assume una “posizione di garanzia”. Il
che vuol dire che risponde, anche giudizialmente, del
mancato esercizio del diritto o della sua mancata
tutela.
Fra i tanti diritti riconosciuti al bambino dalla
Convenzione di New York, vanno ricordati, in questa
sede, il diritto alla riservatezza ed il
diritto all’ascolto.
Il diritto alla riservatezza o, come anche si dice, alla
privacy è riconosciuto dall’art. 16 della
Convenzione, per il quale: “Nessun fanciullo sarà
oggetto di interferenze arbitrarie o illegali
nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo
domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di
affronti illegali al suo onore e alla sua
reputazione.- Il fanciullo ha diritto alla protezione
della legge contro tali interferenze o tali affronti”.
Il riconoscimento di tale diritto è volto a tutelare il
benessere psicologico del bambino ed è posto a
presidio di una corretta evoluzione della sua
personalità. La sua violazione può, dunque,
comportare, per un soggetto in età evolutiva, rischi
molto consistenti per il sano svolgimento dei processi
di crescita psicologica.
Il fanciullo, quindi, ha il diritto ad essere protetto
dalle altrui interferenze nella sua vita privata.
Soltanto se tali interferenze si ritengano non arbitrarie
o illegali, al fanciullo dovrà essere consentito di
esercitare l’altro importantissimo diritto, cioè il
diritto all’ascolto. L’esercizio di tale
diritto implica che il minore deve essere
informato e deve prestare il suo
personale consenso se capace di discernimento
(si tratta di una capacità che l’art. 15 della legge
sull’adozione riferisce, ad esempio, ai minori di
dodici anni, atteso che il minore di dodici anni deve
essere sempre sentito nella procedura di adozione che
lo riguarda). Il fanciullo ha anche il diritto di
richiedere pareri legali o medici, senza o contro il
consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale.
La necessità del
consenso informato del minore è prescritta:
a)
dall’art. 5 della Convenzione
Europea di Oviedo sui “Diritti dell’uomo e della
biomedicina” 4 aprile 1997, ratificata con legge n.
145 del 2001 (la norma prevede che sia possibile
effettuare un intervento in campo sanitario solo
previo consenso libero e chiaro della persona
interessata, la quale ha diritto a ricevere
un’informazione adeguata rispetto al fine, alla
natura, alle conseguenze e ai rischi dell’intervento
in campo sanitario);
b)
dall’art. 34 del Codice di
deontologia medica, approvato il 6 dicembre 2006,
il quale impone al medico di dare informazioni al
minore e di tener conto della sua volontà
compatibilmente con la sua capacità di comprensione.
Non si tratta di un’informazione generica, ma di
un’adeguata rappresentazione di quanto necessario per
consentire al paziente una decisione ponderata;
c)
dagli artt. 12 e 13 della
Convenzione di New York del 1989, i quali
dispongono, rispettivamente che “il fanciullo capace
di discernimento (ha) diritto di esprimere liberamente
la sua opinione su ogni questione che lo interessa”;
che tali opinioni devono essere “debitamente prese in
considerazione tenendo conto della sua età e del suo
grado di maturità” e che, a tali fini, il fanciullo ha
il diritto “di essere ascoltato in ogni procedura
giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia
direttamente sia tramite un rappresentante o un organo
appropriato” (art. 12); egli, inoltre, ha diritto, tra
l’altro, a ricevere informazioni (art. 13) (il
principio dell’ascolto del minore nelle procedure che
lo riguardano è uno dei quattro principi fondamentali
della Convenzione);
d)
dall’art. 6 della legge 20 marzo
2003, n. 77 (di ratifica ed esecuzione della
Convenzione di Strasburgo 25 gennaio 1966
sull’esercizio dei diritti dei fanciulli), il quale
impone all’Autorità procedente di sentire il fanciullo
capace di discernimento (l’art. 4 riconosce al minore
di chiedere la nomina di un suo rappresentante nel
caso di conflitto di interessi con i suoi genitori);
e)
dall’art. 32, comma 2 della
Costituzione, per il quale “Nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se
non per disposizione di legge”, la quale “non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana”.
Dunque: per accertare se una interferenza è legale oppure
illegale occorre riferirsi alla legge. Soltanto
la legge può consentire le interferenze ed indicarne
le modalità. Quelle non espressamente previste
dalla legge devono, perciò, ritenersi arbitrarie o
illegali.
Legge
e non atto amministrativo!
Se così stanno le cose, le prime domande che
dobbiamo porci sono le seguenti: “L’indagine che si
intende o che si sta svolgendo sui bambini nelle
scuole inferiori sul tema dell’ ADHD, ossia ‘disturbo
da deficit dell’attenzione e iperattività’ è
espressamente prevista o, almeno, consentita da una
legge (nazionale)? E se si, quale ne è il fondamento,
quali le finalità e le modalità attuative, quali i
principi, quali i limiti?”
E’ chiaro che, se nessuna legge la consente, questa
indagine deve ritenersi arbitraria o illegale!
Non basta, per consentirla, che siano d’accordo i
genitori, il direttore didattico, l’insegnante,
l’assessore comunale o provinciale, il medico di base,
lo psicologo, ecc. E’ necessario che l’interferenza
(perché tale è l’indagine in argomento) sia prevista
da una legge dello Stato. Da una legge,
aggiungo, che si ha il diritto di conoscere in tutti i
suoi elementi. Se la legge non c’è e, nonostante tale
mancanza, si effettui egualmente l’indagine, vuol dire
che il diritto del bambino, di questo soggetto debole,
alla riservatezza, alla tutela della sua personalità,
è stato violato. Il che potrebbe comportare anche
responsabilità penale per i reati di cui agli artt.
445 (somministrazione di medicinali in modo
pericoloso per la salute pubblica) e 323 (abuso
di ufficio) del codice penale. Si consideri che il
reato di cui all’art. 445 c.p. è di “pericolo
presunto”, per cui prescinde dalla effettiva
insorgenza di un pericolo in capo al bambino (cfr.
Trib. Torino, sez.I, 24.2.2005, G.A. e altro) e che il
“danno ingiusto” menzionato nell’art. 323 c.p. può
consistere anche in indagini arbitrarie (cfr. Cass.
pen., sez.VI, 2.10.1998, n. 11549).
Nel nostro caso, non pare che sussista una legge
impositiva dell’indagine di che trattasi. Ma
supponiamo che esista. Deve ritenersi
sufficiente? Nossignore! Una volta accertata
l’esistenza della legge che consenta una tale
indagine, i genitori devono anche assicurarsi
che l’esecuzione della stessa sia stata
autorizzata dal Garante della privacy.
L’intervento del Garante è necessario in quanto
l’indagine in questione implica, comunque, il
trattamento di dati personali, ancor più se, come si
dice, si prevede la istituzione di un registro.
Ed è appena il caso di osservare che, in altre
occasioni, il Garante ha ritenuto che “il diritto dei
minori alla riservatezza deve sempre essere
considerato come primario” (Provv. 28 maggio 2001, in
Boll. 2001,20.7), specialmente se le informazioni
concernono il diritto alla salute (Provv. 16 giugno
1999, in Boll. 1999,9,63).
Si tenga presente che il d. lgvo 30 giugno 2003, n. 196
(Codice in materia di protezione dei dati personali)
dispone che il trattamento dei dati è ammesso solo:
a) previa informativa alla persona
interessata degli elementi espressamente indicati
(art. 13), b) con il suo consenso
espresso (art. 23) o del consenso dell’esercente la
potestà (artt. 24 e 82). Si ritiene che il consenso
debba essere espresso dal minore in grado di
prestarlo, ovvero dal genitore, per il bambino e per
l’infante (M. DOGLIOTTI, La potestà dei genitori e
l’autonomia del minore, p. 314). Ne consegue che
il minore in grado di prestare il consenso sia anche
capace di adire il Garante per attivare i rimedi
inibitori (principio dell’ abilis ad nuptias,
abilis ad pacta nuptialia).
La violazione della sola informativa comporta una
sanzione amministrativa da 3.000 a 18.000 euro e, nei
casi più gravi, da 5.000 a 30.000 euro (art. 161).
Senza considerare le fattispecie penali previste dagli
artt. 167 e seguenti del d. lgvo n. 196 del 2003
citato.
La tutela della privacy è così importante che il
29 gennaio 2007 è stata celebrata la prima “Giornata
europea della protezione dei dati personali”
(un’iniziativa promossa dal Consiglio d’Europa con il
sostegno della Commissione Europea, avente lo scopo di
sensibilizzare tutti i cittadini sui diritti e sulle
libertà fondamentali legali alla tutela della vita
privata). L’iniziativa tocca anche il mondo della
scuola, come dimostra il binomio “Privacy e mondo
della scuola”, intorno al quale ruota la seconda
“Giornata europea della protezione dei dati
personali”, celebrata il 28 gennaio 2008.
I genitori devono, perciò, stare molto attenti,
anche perché potrebbero essere chiamati a rispondere
dell’involontario danno arrecato ai propri figli.
Altrettanto è a dirsi per i dirigenti scolastici
e per gli insegnanti. Genitori ed
insegnanti sono oggetto di benevoli assoluzioni da
parte di chi, mediante tali assoluzioni, intenda
spianare il campo all’indagine: una
deresponsabilizzazione che, però, carica di
responsabilità e di colpe i bambini. Fatta questa
operazione, ci si atteggia a “salvatori della patria”,
nel senso che si proclama il benemerito intento di
evitare tensioni familiari, riducendo o annientando la
“vivacità” dei bambini.
San Filippo Neri –il Santo
dei bambini- soleva ripetere: “Bambini state!”
(fermi). Ma, subito dopo, aggiungeva: “se potete!”.
Si sa che il bambino non sta mai fermo; che la sua
capacità di concentrazione è minima rispetto a quella
dell’adulto; che passa rapidamente da un’attività
all’altra, come: muoversi, parlare, giocare, leggere,
ecc.; che, secondo la ricerca condotta su 2.500
bambini, per ogni ora in più trascorsa quotidianamente
davanti alla televisione, cresce di quasi il 10% il
rischio di sviluppare disturbi dell’attenzione e
iperattività all’età di sette anni.
Sia ben chiaro: non si vuole negare che un bambino possa
essere affetto da disturbi neurologici. Ma questi
vanno seriamente diagnosticati da parte di specialisti
e nelle sedi a ciò deputate (che non è la scuola).
Un eminente neonatologo mette in guardia da talune
manovre che si fanno in campo medico. Osserva che “Una
buona parte della sanità è tuttora orientata alla
ipermedicalizzazione (fino all’accanimento
terapeutico) con la convinzione che siano così
rispettati principi etici. Si usano molti, troppi
farmaci, con l’obiettivo dichiarato di offrire più
salute. Il bambino nei fatti può essere un
‘oggetto’ di cure o di sperimentazione; il tutto, si
dice, a suo beneficio…Il ruolo dominante non è
quello del bambino, ma quello dell’operatore tecnico.
Oppure c’è un ‘mercato’ che domina
le scelte terapeutiche. Il ruolo
dominante può essere a livello delle cosiddette ‘multinazionali’,
quando queste intervengono su operatori sanitari
deboli (ad es. si preferisce alimentare il lattante
con surrogati del latte materno o si impongono formule
più costose)”.
Andrea di Francia
Avvocato
Chairman distrettuale Kiwanis
International,
Osservatorio diritti dell’Infanzia
|
PROTOCOLLO
D’INTESA TRA TELEFONO AZZURRO ONLUS E DIPARTIMENTO
PER LA GIUSTIZIA MINORILE
L’11 gennaio 2008 è stato stipulato, tra Il Telefono
Azzurro Onlus e il Dipartimento per la Giustizia
Minorile del Ministero della Giustizia, un
Protocollo d’intesa avente carattere sperimentale,
la durata di tre anni rinnovabili, privo di
carattere oneroso e fondato sul diritto all’ascolto
del minorenne, proclamato dalla Convenzione di New
York del 20 novembre 1989, resa esecutiva in Italia
con legge n. 176 del 1991.
Il Dipartimento opera attraverso i Centri per la
Giustizia Minorile, presenti su tutto il territorio
nazionale, dai quali dipendono i Servizi minorili
che svolgono attività di assistenza al minorenne
vittima di abuso sessuale, durante tutto l’iter
giudiziario, nonché attività di trattamento,
recupero e reinserimento nei confronti del minorenne
autore di reato.
Con il Protocollo, si conviene, in primo luogo che
“le situazioni di disagio riguardanti i minori
devono essere affrontate nella misura più ampia
possibile, attraverso l’ascolto e la valutazione
delle esigenze del minorenne coinvolto come autore o
come vittima nel circuito penale o in forme di
violenza e soprusi e con l’avvio di iniziative
innovative di informazione e sensibilizzazione volte
a facilitare azioni di prevenzione primaria,
secondaria e terziaria e di recupero e reinserimento
sociale del minore”.
Le Parti si sono, perciò, impegnate a “diffondere
una cultura di tutela rafforzata a favore dei
minorenni che vivono in situazioni di rischio che
possano indurli alla commissione di reati o
facilitarne la reiterazione”.
In particolare, Telefono Azzurro si è impegnato a
fornire “al minorenne che esprime disagio” ed alla
sua famiglia “un’accoglienza volta a stabilire un
rapporto di fiducia e un sostegno di carattere
psicologico, nonché ad attivare la rete dei servizi
di pubblica utilità, le strutture sanitarie,
socio-assistenziali, di pubblica sicurezza e/o
giudiziarie competenti a livello locale per lo
specifico settore di intervento, individuando le
figure professionali di riferimento per ogni singolo
caso trattato”.
Dal canto suo, il Dipartimento per la Giustizia
minorile si è impegnato a collaborare con Telefono
Azzurro: a) “per iniziative di specifica competenza
volte a diffondere la cultura dell’accoglienza,
della tutela e della legalità”; b) attraverso i
Servizi minorili, ad entrare in contatto con i
minorenni abusanti o abusati, per informare gli
stessi e le loro famiglie della possibilità di
trovare ascolto e supporto presso i Servizi di
Telefono Azzurro; c) per costruire una rete di
supporto che offra assistenza al minore.
La realizzazione di tali reciproci impegni è
demandata ad un costituendo Gruppo di coordinamento
operativo.
E’ da sperare che tutto questo non rimanga soltanto
sulla carta e che i diritti dei minorenni ricevano,
finalmente, concreta attuazione. Non va dimenticato
che la Convenzione di New York del 1989 ha operato
una vera e propria rivoluzione copernicana, facendo
passare il minorenne dall’area del “superiore” o
“preminente” interesse (sempre valutato da altri),
all’acquisizione della titolarità di veri e propri
diritti soggettivi. I quali, perciò, vanno
esercitati e tutelati.
Andrea Di Francia
|
ADHD
(ATTENTION DEFICIT HYPERACTIVITY
DISORDER, cioè disturbo da deficit di attenzione e
iperattività) |
ADHD è la sigla con la quale si indica il bambino
distratto, che non segue le direttive e si agita. Da
taluni si ritiene che si tratta di “malattia” da
curare mediante psicofarmaci. E, per accertare nei
bambini l’eventuale esistenza di tali sintomi, si
cerca di introdurre, nelle scuole (ed in alcune scuole
sono già stati introdotti), formulari, la cui risposta
segnalerebbe “disattenzione” o “iperattività”.
Per la “disattenzione” si chiede se:
a)
spesso non riesce a prestare attenzione
ai particolari o commette errori di distrazione nei
compiti scolastici, sul lavoro o in altre attività;
b)
spesso ha difficoltà a mantenere
l’attenzione nei compiti o nel gioco;
c)
spesso non sembra ascoltare quando gli
si parla direttamente;
d)
spesso non segue le istruzioni e non
porta a termine i compiti scolastici, le incombenze o
di doveri sul posto di lavoro (non a causa di
comportamento oppositivo o di incapacità di capire le
istruzioni);
e)
spesso ha difficoltà a organizzarsi nei
compiti o nelle attività;
f)
spesso evita, prova avversione o è
riluttante a impegnarsi in compiti che richiedono
sforzo mentale protratto (come compiti a scuola o a
causa);
g)
spesso perde gli oggetti necessari per
i compiti o le attività;
h)
spesso è facilmente distratto da
stimoli estranei;
i)
spesso è sbadato nelle attività
quotidiane.
Per la “iperattività” si chiede se il
bambino:
a)
spesso muove con irrequitezza mani o
piedi o si dimena sulla sedia;
b)
spesso lascia il proprio posto a sede
in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta
che resti seduto;
c)
spesso scorrazza e salta dovunque in
modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo
(negli adolescenti o negli adulti, ciò può limitarsi a
sentimenti soggettivi di irrequietezza);
d)
Spesso ha difficoltà a giocare o a
dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;
e)
è spesso “sotto pressione” o agisce
come se fosse “motorizzato”;
f)
spesso parla troppo.
Per la “impulsività” si chiede se:
g)
spesso “spara” le risposte prima che le
domande siano state completate;
h)
spesso ha difficoltà ad attendere il
proprio numero;
i)
spesso interrompe gli altri o è
invadente nei loro confronti (p. es:, si intromette
nelle conversazioni o nei giochi).
Si ritiene che la risposta a sei (o più) dei suddetti
“sintomi”, protratti per almeno 6 mesi, manifesta il
corrispondente “disturbo”.
L’ADHD è stata qualificata, da gruppi di psichiatri,
come “malattia”ed è stata inserita, come “disturbo
mentale”, nel Manuale Diagnostico e Statistico del
“Disturbi Mentali” (in sigla DSM).
La maggior parte dei ricercatori ritengono che la
causa del disturbo sia genetica ed anche legata a
fattori morfologici cerebrali, prenatali e perinatali,
traumatici. Si obietta, da altri, che, fino ad oggi,
nessun fenotipo (marcatore biologico) sia stato
individuato per l’ADHD; che nessuna prova
autenticamente scientifica sia stata fornita circa
l’origine genetica della “sindrome” e che, in alcuni
casi, si registra una remissione spontanea dei
“sintomi” con l’avanzare dell’età del soggetto.
Aggiungo: che vi siano bambini che manifestino
iperattività, disattenzione, difficoltà di
apprendimento, non si contesta. Si contesta il fatto
che tali manifestazioni siano racchiuse in un’unica
categoria patologica e che la causa di queste
manifestazioni sia una specifica “malattia”. Le cause,
infatti, possono essere moltissime e di natura
differente. In alcuni casi, ad esempio, potrebbe
trattarsi di bambini superdotati e non di un
“disturbo”, anzi!
Posto come “malattia”, si introduce la terapia
farmacologica con psicofarmaci. Si fa ricorso,
generalmente, al metilfenidato (Ritalin) che è
un’anfetamina, uno psicofarmaco potentissimo, o suoi
derivati. In Italia fu ritirato dal commercio nel
1989, ma ora sembra si voglia reintrodurlo. Un
farmacista di Bresso sostiene che molti sono gli
effetti collaterali: “Arresto cardiaco, psicosi,
ansia, nervosismo, allucinazioni, depressione,
insonnia, convulsioni” (vedi www.mentecritica.net) .
Peraltro, non tutti gli psichiatri, però, sono
d’accordo nell’uso di questi stimolanti in bambini che
sono iperattivi.
“Una recente ‘warning’ della Food and Drug
Administration ha indicato come potenziali effetti
collaterali per l’assunzione a normale dosaggio
terapeutico di questo tipo di psicofarmaci il leggero
aumento di rischi sanitari, quali il rischio di ictus,
l’insorgenza di crisi maniaco-depressive, o, in casi
eccezionali ed in presenza di gravissimi fattori
predisponenti, la morte improvvisa per arresto
cardiaco” (http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome)
Appaiono, dunque, fondate le critiche all’uso di
questi medicinali, responsabili, in alcuni casi, di
morte (infarto, suicidio). Tali critiche sono mosse da
due associazioni che promuovono campagne contro l’uso
di tali farmaci, denominate, l’una “giù le mani dai
bambini”; l’altra, “perché non accada”.
Il Ministero della Salute avversa tali critiche e le
ritiene scientificamente infondate. Si tende ad
attribuire analoga posizione anche alla Magistratura.
Preme rilevare che, in relazione a quest’ultima, si
dice cosa inesatta. Basti, infatti, pensare che il
Tribunale per i minorenni di Milano ha riammesso a
scuola, con provvedimento d’urgenza, un bambino che ne
era stato allontanato, da oltre un mese, perché
ritenuto vivace ed aggressivo. All’udienza era
intervenuta anche l’associazione “Giù le mani dai
bambini” che conta oltre 200.000 specialisti in rete e
svolge attività di farmacovigilanza per l’età
pediatrica ( vedi
www.giulemanidaibambini.org). Ebbene, tale
associazione sottolinea che la comunità scientifica
internazionale è molto critica circa l’opportunità di
somministrare farmaci psicoattivi ai minori, a motivo
dello sfavorevole rapporto rischi-benefici ai minori.
Il Consigliere di Alleanza Nazionale della Provincia
Autonoma di Trento, Prof. Cristiano de Eccher, ha
presentato, il 12 agosto 2007, un disegno di legge
portante “Norme in materia di uso di sostanze
psicotrope su bambini ed adolescenti”. La legge
intende perseguire “la finalità di tutelare i bambini
e gli adolescenti dalla somministrazione di sostanze
psicotrope fuori dai casi clinici in cui siano
ritenute indispensabili e di promuovere una corretta
informazione indirizzata in primo luogo ai genitori e
agli educatori sugli effetti a lungo termine
dell’utilizzo, anche temporaneo, di tali sostanze,
sulla loro reale composizione e sulla disponibilità di
terapie e trattamenti alternativi che non contemplino
l’uso di farmaci” (art. 1, comma 1). Ciò dopo che, il
26 maggio 2007, il Club di Rovereto (Trento) dei
Lions aveva tenuto un Convegno dal titolo “La
testa altrove”, con lo scopo “di informare e
sensibilizzare rispetto al problema del disturbo da
deficit di attenzione ed iperattività”. Non si
dispone, purtroppo, degli Atti del Convegno, ma la
folta presenza di neuropsichiatri e psicologi lascia
facilmente intuire che si sia determinata una
autopromozione dell’ADHD.-
Dal canto suo il Comitato dei Cittadini per i Diritti
Umani, Onlus, contrario all’uso di psicofarmaci ai
minori, ha organizzato, per il 13 marzo 2008, ore
20,30, presso la sala Mart di Rovereto la
Conferenza “Iperattività e disturbo da deficit
d’attenzione sui bambini e ragazzi. Fatti ed opinioni
a confronto”. Ho già dato la mia disponibilità.
Tanto si comunica perché di rilevante interesse
generale e perché gli amici kiwaniani ne prendano
buona nota, con ogni possibilità di intervenire sullo
specifico tema nell’ovvio, esclusivo interesse della
tutela dei bambini.
Andrea Di Francia
Chairman distrettuale Kiwanis
Osservatorio diritti dell’Infanzia
|
LA PRIMA
ESEMPLARE CONDANNA PER “TURISMO SESSUALE” IN
TAILANDIA E CAMBOGIA
|
E’ intervenuta la prima esemplare condanna per
turismo sessuale in danno dei minori. E’ toccato al
tribunale di Milano pronunciarla (la sentenza è
dell’8 marzo-19 luglio 2007; porta il n. 2761 ed è
pubblicata nel n. 49 del 15 dicembre 2007 di Guida
al diritto, p. 63 ss.).
I fatti contestati erano quelli di violenza sessuale
aggravata, di prostituzione minorile reiterata, di
pornografia minorile e di detenzione di materiale
pedopornografico.
A porti in essere era stato un italiano che si
recava regolarmente in Tailandia e Cambogia dove
aveva avuto reiterati rapporti sessuali con minori
di età tra i 7 e i 14 anni.
Nelle intercettazioni, l’imputato si era vantato
delle proprie “prodezze”, consistite nell’aver avuto
molti rapporti sessuali con ragazzini e ragazzine
adescati in quei Paesi che poi riprendeva e
fotografava in pose oscene per inserirli in un
catalogo da offrire a clienti.
Ed ecco il dispositivo della sentenza:
“Visti gli artt.533,535 c.p.p. dichiara (A)
colpevole dei reati ascritti unificati ex art. 81
cpv.c.p. e lo condanna alla pena di anni quattordici
di reclusione ed euro 65.000 di multa nonché al
pagamento delle spese processuali. Visti gli artt.
29,32,609 novies, 600 septies c.p. dichiara
l’imputato interdetto in perpetuo dai pubblici
uffici, in stato di interdizione legale durante la
pena, interdetto in perpetuo da qualunque incarico
nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni
ufficio o servizio in istituzioni o strutture
pubbliche o private frequentate prevalentemente da
minori, interdetto in perpetuo da qualsiasi ufficio
attinente alla tutela ed alla curatela. Visti gli
artt. 600 septies, 240 c.p. ordina la confisca e
distruzione di quanto in sequestro”.
La sentenza è particolarmente importante in quanto,
oltre ad essere la prima in materia, pone
statuizioni di non lieve momento, quali:
a) le incriminazioni introdotte con la legge n. 269
del 1998 in materia di pornografia minorile sono
volte –come statuirono le Sezioni Unite della
Suprema Corte di Cassazione- ad apprestare “una
tutela anticipata della libertà sessuale del minore,
reprimendo quei comportamenti prodromici che ne
mettono a repentaglio il libero sviluppo personale
con la mercificazione del suo corpo e l’immissione
nel circuito perverso della pedofilia” (Cass. S.U.
31 maggio-5 luglio 2000, n. 13);
b) con detta legge, il legislatore italiano si è
uniformato ai principi delle convenzioni e delle
deliberazioni internazioni in materia (Convenzione
dei diritti del fanciullo di New York del 1989,
ratificata in Italia nel 1991 e dichiarazione della
Conferenza mondiale di Stoccolma del 31 agosto
1996);
d) il reato di cui all’art. 600 bis , comma 2 del
codice penale (il quale, nella edizione sostituita
dall’art. 1 della legge 6 febbraio 2006, n. 38,
dispone: “Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, chiunque compie atti sessuali con un minore
di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni,
in cambio di denaro o di altra utilità economica, è
punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e
con la multa non inferiore a euro 5.164”) sussiste
anche nell’ipotesi in cui si fornisca al minore
vitto e alloggio in cambio di prestazioni sessuali.
Il giudice osserva che “fornire ad un minore vitto e
alloggio e , cioè, gli indispensabili mezzi di
sussistenza in cambio delle sue prestazioni sessuali
equivale a corrispondere allo stesso una utilità,
non solo economicamente valutabile, ma direttamente
economica soprattutto in un paese come la Tailandia
ove –come è pacificamente emerso dal dibattimento-
la condizione di indigenza della popolazione e,
soprattutto, dei bambini è tale che un tetto ed un
pasto costituiscono per tanti un vero e proprio
miraggio”;
e) per il nostro ordinamento è pedofilo chi ha
rapporti sessuali con un bambino.
La novità assoluta è data dal fatto che, fino ad
ora, nessuna pronuncia della magistratura italiana
aveva riguardato episodi di sfruttamento sessuale e
prostituzione minorile compiuti fuori dai confini
nazionali. La sentenza del tribunale di Milano è
destinata, perciò, a passare alla storia per essere
la prima sentenza ad avere applicato l’art. 604 del
codice penale che condanna i fatti di prostituzione
e pornografia minorile, detenzione di materiale
pornografico, pornografia virtuale, iniziative
turistiche volte allo sfruttamento della
prostituzione minorile, anche se commessi
all’estero.
Si sa che nostri connazionali, al fine di praticare
sesso con minori, organizzano periodi di vacanza in
Filippine, Taiwan, Tailandia, India, Ceylon, ma
anche Messico, Brasile, Venezuela “che non solo
tollerano la prostituzione minorile, ma spesso la
propagandano per incassare valuta pregiata. Le
vittime, invece, sono i bambini ‘argati’, quelli
doppiamente abusati: dalla povertà in cui vivono e
dalla opulenza di chi li violenta” (A. Natalini, in
op. e loc. citt., p. 68).
Un grande bravo al tribunale di Milano; la speranza
che altri tribunali si conformino a tale decisione e
che la norma di cui all’art. 604 del nostro codice
penale possa essere recepita da altri ordinamenti
giuridici, almeno a livello europeo, onde
contrastare l’aberrante, indegno, squallido e
perverso fenomeno della turismo sessuale.
Andrea Di Francia
Chairman distrettuale Osservatorio diritti
dell’Infanzia.
|
I 10 comandamenti del Signor Neonato
(*)
Ogni bambino ha diritto alla vita,
alla salute, alla scuola, ad avere una famiglia, a
giocare,… ed anche ad essere ascoltato. È
comunque fondamentale, fin dai primi anni, educarlo
non solo ad aver coscienza dei suoi diritti, ma
anche ad assumersi responsabilità, educandolo al
rispetto dei valori universali e assoluti che
danno fondamento alla persona umana.
Così come vogliamo “una città a
misura di bambino” dobbiamo realizzare anche “un
mondo a misura di bambino”.
Noi possiamo (dobbiamo!) interpretare
i suoi diritti, dare voce al Signor Neonato e
fare nostri i dieci comandamenti che lui può
darci. Questi sono comandamenti che tutti i genitori
possono fare propri.
In realtà non ci sono grandi
differenze tra i comandamenti del Signoreddio
(dall’alto più alto) e questi “comandamenti” del
Signor Neonato (dal basso più basso) … E
forse i bambini possono aiutarci a capire meglio i
10 comandamenti divini e a confermare la loro
validità. Questi comandamenti valgono per noi nei
confronti dei nostri figli, ma anche nei confronti
del resto dell’umanità.
1.
Io sono il Signor
Neonato, il cittadino più piccolo e più inerme del
mondo: nessuno ha più
diritti di me. Ascoltatemi!
2.
Non nominare il mio
nome senza pensare che
io sono il tuo futuro,
che io sarò quando tu non sarai, che sarò io a portare
avanti le tue idee…
3.
Ricordati di pensare a
me ogni giorno, in ogni atto
che fai. Comportati come se io ti potessi sempre
vedere e giudicare…
4.
Onora i bambini,
rispettali e aiutali a crescere e diventare
uomini responsabili.
Dialoga con loro con autorevolezza e comprensione,
sicurezza e serenità: allora
ti ubbidiranno.
5.
Non fare loro nessuna
violenza, educa la loro
naturale aggressività col dialogo, senza reprimerla ma
anche senza subirla. Educa alla pace e alla
solidarietà.
6.
Non commettere nessun
atto che possa deviare la
maturazione di una sana sessualità. Aiutali ad
esprimere i loro affetti col dialogo. Rendi
responsabili gli adolescenti in modo da evitare
concepimenti indesiderati.
7.
Non rubare
i diritti alla salute, al gioco,
all’istruzione di ogni bambino del mondo, del mondo
più povero soprattutto. Ogni euro da te sprecato è
rubato ad un bambino che sta morendo di fame. Non
sporcare il mondo in cui i nostri figli cresceranno e
vivranno.
8.
Non imbrogliarli,
non dire mai falsità. Soprattutto con i bambini
occorre avere il massimo rispetto per la verità e
l’onestà, ad ogni costo.
9.
Non desiderare di
avere “la roba” degli altri.
Le cose di questo mondo non sono nostre, ma dei nostri
figli. Nel mercato, nel consumismo dominano purtroppo
l’Avere e l’Apparire. Sii sobrio.
10.
Non desiderare di dare
a tuo figlio un altro genitore.
Sii responsabile nei suoi confronti fin dal momento
del concepimento. Tuo figlio ha diritto ad avere una
famiglia solida e non confusa. I figli di coppie
separate rischiano molto più degli altri di crescere
poveri e infelici.
Il BAMBINO (e in particolare il
NEONATO) è:
il simbolo unico e concreto del
futuro dell’umanità
l’abbiccì di ogni discorso
sull’esistenza umana
l’unità di misura del
comportamento di ogni uomo
l’1+1 che precede tutte le altre
operazioni della vita
la terza dimensione del mondo (dopo
l’uomo e la donna)
l’unico punto fisso su cui si può
far leva per sollevare il mondo
il bandolo nascosto della matassa
dell’esistenza umana
la persona che, alla nascita, non
possiede nessun avere ed è tutto essere
filo di Arianna nel labirinto della
vita
il minimo comun denominatore che ci
semplifica i calcoli complessi della vita
il titolare dei massimi diritti
ad essere (ad essere bambino)
il vero e autentico
protagonista della famiglia
inesperto alpinista che si affida a
due guide (patentate e responsabili!)
“l’archetipo di ogni agire
responsabile” (Jonas)
il miglior punto di riferimento per
la nostra vita
il protagonista del nostro futuro,
del futuro del mondo
la “pietra di paragone” del
nostro comportamento
materiale esplosivo da maneggiare
con cura (non batterlo, non scaldarlo)
come un profeta (ma senza parole)
può indicarci la strada che porta all’Essere assoluto.
(*) Le pagine
che precedono e dei DIECI COMANDAMENTI DEL NEONATO
sono tratte dal libro “FARSI BAMBIN” PER CAMBIARE
IL MONDO.- Alle radici dell’essere” del prof.
dott. DINO PEDROTTI, pediatra neonatologo; già
primario del Reparto neonatologia dell’Ospedale santa
Chiara di Trento e, attualmente, consulente pediatra
dell’Ospedale S. Camillo di Trento.
Il prof. dott.
Dino Pedrotti mi ha autorizzato a farne l’uso che
voglio, nel senso che mi ha autorizzato a diffonderle
agli amici Kiwaniani.
Andrea Di Francia
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