IL DIARIO

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LIBIA

 

E’ il 22 novembre, stufi di attendere siamo partiti e abbiamo raggiunto Ben Guardane dove abbiamo passato la notte in attesa di percorrere i 30 chilometri che ci separano da Ras Jedir.

Diversamente da quanto ci informa Viaggiare Sicuri dell’ Aci, per l’ingresso in Libia non c’è dichiarazione di valuta e, diversamente da quanto vogliono far credere gli sventolatori, (sventolano i dinari libici per cambiarli, dicono, convenientemente con i dollari) non si fa più il cambio in nero che solo quattro anni fa era convenientissimo ed offriva da 4 a 6 volte addirittura il valore del cambio ufficiale. Oggi gli sventolatori, che non avrebbero più alcun motivo di esistere, continuano a fingere di cambiare convenientemente ed i malcapitati si accorgeranno solo poi di aver cambiato a condizioni peggiori rispetto al cambio ufficiale.

Marwan, la guida (obbligatoria) inviata dall’agenzia ci è venuta ad accogliere in frontiera a Ras Jedir per aiutarci a sbrigare tutte le pratiche necessarie all’ingresso in Libia.

Prima di notte siamo giunti a Leptis Magna, all’interno del complesso archeologico.

Spostiamo avanti di un’ora gli orologi rispetto al fuso orario dell’Italia ed andiamo a visitare le rovine di Leptis Magna che si preannunciano con l’imponente Arco di Trionfo di Settimio Severo poi, verso le 11, dopo aver salutato il vecchio Omar Majub, ex Sovrintendente ed ora venditore di souvenirs nel negozietto interno al complesso archeologico, siamo partiti ed abbiamo percorso i circa 400 chilometri sino a Sirte, la città natale di Mohammar El Gheddafi. Ci siamo fermati nei pressi ed abbiamo cenato in un ristorantino locale a base di Chorba e Carne alla griglia. Qui in pieno Ramadan i locali stanno aperti tutta notte e poi chiudono alle sette del mattino.

E’ una domenica, il 25 novembre, senza alcunché di rilevante se non il fatto che abbiamo percorso circa 600 chilometri ed ora siamo a 180 da Tobruk. Aggiunti ai 60 che da Tobruk vanno alla frontiera, non ci restano che  240 chilometri e poi siamo in Egitto. In Libia non ci fermiamo di certo a curiosare, le autorità non sarebbero di certo particolarmente contente.

Governo e autorità a parte, è  brava gente che non è ancora abituata come lo sono ormai i tunisini da un po’ di tempo, gli egiziani ed i marocchini da molto, ad avere a che fare con i turisti e, conseguentemente, cercare di depredarli. Stanno sulle loro, salutano, ti vendono quanto gli chiedi e non vogliono altro. Sono gentili e, se conoscono l’inglese o l’italiano conversano volentieri ma spesso conoscono solo l’arabo e quindi più di gesti e saluti non ci si può scambiare.

Non una donna in giro neanche a pagarla a peso d’oro. Pochissimi bambini a zonzo; ragazze nessuna. Il libro verde qui è ancora vangelo. Almeno così vorrebbe Mohammar El Gheddafi anche se la gente pensa solo a lavorare e a null’altro. Sperano in un’apertura verso l’occidente così che possa giungere un po’ di lavoro e benessere. Credo che, se è pur vero che l’embargo è finito e le frontiere sono aperte agli stranieri, la stabilità e la sicurezza politica che attrae i capitali di investimento stranieri è di là da venire ed il popolo libico dovrà aspettare ancora un po’ l’atteso e sperato benessere.

E’ il 26 novembre, siamo a Musa Id, piccola località di frontiera libico-egiziana sulla costa mediterranea. Qui in Libia sono veramente tutti gentilissimi e disponibili. Devo dire che ci si sente veramente tra amici. Tutt’altra impressione rispetto a quanto si penserebbe stando in Europa. In Europa si pensa che si sia al sicuro in Tunisia ed a rischio in Libia. In realtà, in Tunisia non c’è nessun rischio (solo qualche furfantello che tenta di truffarti e, certamente, qualche ladruncolo). Qui in Libia si respira un’aria di serena onestà. Ho lasciato un quarto di dinaro di mancia al ragazzo del distributore di benzina e mi ha guardato con due occhi interrogativi come per dire … ma sei diventato matto? Credo che non lo farò più. Dev’essere proprio strano per loro un tizio che lascia ben trecentocinquanta lire di mancia. E forse hanno ragione in considerazione del fatto che con trecentocinquanta lire si compra un litro e mezzo di benzina e almeno sette baguette. Sì, non lo faccio più. E, del resto, non serve, domani siamo in Egitto e lì la mancia è non solo d’obbligo ma richiesta (backsish) ossessivamente per ogni cosa, sia nei luoghi comuni che di lusso.