Si terrà il
12 novembre 2007 ore
11 presso la sala Neoclassica di Villa Recalcati a
Varese la conferenza stampa sulle manifestazioni
indette in Provincia di Varese in occasione
dell’incontro con Giorgio Chinnici e Rossella
Semplici, organizzato dal Kiwanis Club Varese.
SINTESI RELAZIONE DOTT.SSA
ROSSELLA SEMPLICI
PSICOLOGA
Da uno Studio delle Nazioni
Unite (2001-2002) circa la violenza sui minori è
emerso che tra il 20% e il 65% dei bambini
intervistati pensavano di essere stati vittime di
bullismo. In Italia siamo intorno al 46% per i
ragazzi dai 12 ai 18 anni (Eurispes 2005).
Spesso il bullismo viene confuso con
il teppismo, con gli atti violenti o con il “sano e
normale” litigio tra coetanei. Per Olweus, psicologo
norvegese che per primo si è occupato del fenomeno
“un bambino che subisce prepotenze, è vittima di
bullismo, quando è esposto ripetutamente e per lungo
tempo alle azioni ostili di uno o più compagni”.
Occorre inoltre che queste azioni siano compiute in
una situazione di “squilibrio di forze, ossia la
vittima evidenzia difficoltà nel difendersi”.
Le azioni, individuali o collettive,
compiute nei confronti della vittima, possono
essere:
verbali:
insultare, deridere, offendere; fisiche,
utilizzate soprattutto dai maschi:
prendere a pugni, a calci, appropriarsi o
maltrattare gli oggetti della vittima;
indirette, privilegiate dalle femmine: fare pettegolezzi, isolare
dal gruppo, guardare maliziosamente.
Le conseguenze possono essere gravi:
oltre al disagio psicologico, la vittima può
incorrere in patologie fisiche, psicosomatiche e
psichiatriche. È importante ricordare che il
bullismo è frutto di una rete di fattori: la
personalità del soggetto, l’ambiente familiare,
scolastico e sociale. Pertanto qualsiasi tipo di
intervento, per essere efficace, non può riguardare
un solo ambito. Da qui la proposta di
un impegno nella
direzione di “curare la salute”, che in questo caso
specifico è la salute “emotiva e affettiva”. Il
primo passo potrebbe essere l’alfabetizzazione, cioè
il riconoscimento e la comunicazione del vissuto
emotivo e affettivo; un approccio che andrebbe
progressivamente approfondito per realizzare una
solida e duratura unità mente-cuore.
Quali le strade da percorrere? Molte,
in primis quella dell’amore
che, come sostiene un proverbio cinese “è
la chiave principale che apre tutte le porte
dell’impossibile”.
SINTESI RELAZIONE PROF. GIORGIO
CHINNICI
CRIMINOLOGO – CONSULENTE
COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA
Per i ragazzi di oggi il coinvolgimento pieno e
convinto sulla barbarie e l’inciviltà che connotano
la mafia e i mafiosi non risulta efficace se
ancorato principalmente alle evocazioni,
rituali-commemorative. È da tenere presente che i
ragazzi dai 10 ai 19 anni di oggi al tempo delle
ultime stragi del 1992, in cui morirono Falcone e
Borsellino con le loro scorte, non erano ancora nati
o erano solo infanti. Ciò determina in loro
l’assenza di un minimo di coinvolgimento emotivo e
di forte indignazione per i deliranti attacchi allo
Stato della mafia: uomini alquanto rozzi si sono
permessi di colpire a morte i rappresentanti delle
istituzioni più qualificati sul piano professionale
e permeati da particolare tensione morale e civile
nonché da apprezzate qualità umane.
Bisogna pertanto avviare una fase di elaborazione
sui contenuti e sui metodi per muovere nella
popolazione scolastica un interesse convinto e un
efficace impegno nella lotta alla mafia.
Può essere opportuno promuovere nella scuola una
campagna di riflessione sul bullismo per evidenziare
le sue connessioni e consonanze con il fenomeno
mafioso. I bulli infatti utilizzano gli ingredienti
fondamentali dell’agire mafioso; usano la violenza
per sottomettere i ragazzi della scuola, procedono a
ricatti ed estorsioni con la minaccia della
violenza, impongono comportamenti omertosi alla
popolazione scolastica. Si crea così l’equivalente
della zona grigia mafiosa che dà linfa al bullismo.
Per questa via si perviene ad aggregazione, che si
configurano come associazioni paracriminali di tipo
mafioso.
Dai risultati di tante ricerche in campo
internazionale emerge che il 60% dei bulli, entro il
24° anno di età, è incorso in una o più condanne
penali. L’osservazione e la riflessione in quest’ottica
sul bullismo risultano sicuramente coinvolgenti e
conducenti per i ragazzi; essi, infatti, sono
investiti da questi comportamenti, nella loro
totalità, nei diversi ruoli di vittime, di autori e
di spettatori.